CHI SIAMO

LA FENICE

Nella Casa Circondariale di Ivrea nasce una nuova redazione giornalistica: La Fenice.

Un gruppo di persone detenute, accompagnate da una docente di scuola superiore, Olivia, che presta anche opera di volontariato, ha deciso di confrontarsi con questa iniziativa. Puntuale è stata l’approvazione del progetto da parte del direttore dell’Istituto, dr.ssa Assuntina Di Rienzo. Mentre il personale di Polizia Penitenziaria ha da subito predisposto gli orari e i giorni in cui sarà possibile accedere nei locali della redazione, tinteggiati e abbelliti per renderli più accoglienti.
La scelta del nome, La Fenice, non è causale. Tutti noi conosciamo il mito dell’Araba Fenice: un particolare uccello capace di rinascere dalle proprie ceneri, dopo aver preso fuoco. L’idea di rinascita dalle proprie ceneri ci è piaciuta molto, per cui l’abbiamo voluta fare nostra. In questo momento, per noi che ci troviamo in carcere, la rinascita consiste nel tentativo di far spuntare un seme, contenente l’onestà e il bene, ritenendo che sono componenti innate nell’essere umano, qualsiasi sia la sua condizione. Le ceneri, invece, stanno a rappresentare quella che oggi consideriamo la non vita che ha contrassegnato il nostro passato.
La neo redazione giornalistica, La Fenice, si pone l’obiettivo di offrire un’informazione proveniente dal carcere, sul carcere, e da parte di chi questa realtà la vive sulla propria pelle. Ciò partendo dal presupposto di mettere in gioco anzitutto le proprie responsabilità, nel caso senza riserve, ma nello stesso tempo richiamando la stessa responsabilità di chi ha l’onere di amministrare la giustizia, nel miglior modo possibile. Tenuto conto che le ultime riforme in materia di esecuzione della pena, che si sarebbero dovute varare poco prima delle recenti elezioni politiche, non sono andate a buon fine proprio perché i nostri governanti non se ne sono voluti assumere la paternità e responsabilità.
Noi, componenti della redazione, pensiamo che agevolare l’autonomia nel percorso di rivisitazione critica del passato, favorire attività autonome che richiedono l’assunzione di responsabilità, sia personale che collettiva, rappresenti una chiave fondamentale per offrire la possibilità alle persone recluse di imparare a confrontarsi in modo diverso e costruttivo con quanti, della società libera, volessero interfacciarsi con questa realtà, attraverso uno scambio e un confronto costruttivo, privo di sterili pregiudizi.
In questo particolare momento storico, è inutile negare che si sta correndo il rischio di far precipitare le carceri del nostro Paese, in una situazione di costante regresso, ancor più incalzante di quella del passato. E in questo modo non si fa altro che legittimare i luoghi grigi, sporchi, intrisi di subcultura, i quali contribuiscono ad abbruttire le persone che subiscono la pena senza possibilità di riscatto, con la conseguenza che quando usciranno saranno peggiori di quando sono entrate.
Per cui l’apertura di questa nuova finestra che affaccia sull’esterno, aprendosi alla società civile, è anche un modo per ricordare, sensibilizzare sui problemi di questa realtà, che, al contrario di quanto potrà sembrare in apparenza, riguarda tutti, nessuno escluso: non può considerarsi un lutto privato quello di chi sconta una pena, perché in questo modo perderebbe di valore e significato l’importanza della centralità della persona umana. Ed è quindi nell’interesse di tutti contribuire affinché questi luoghi di sofferenza assumano caratteristiche di trasparenza, dove l’umanizzazione è la regola e non l’eccezione, permettendo alla persona di vivere l’esperienza detentiva in modo tale che una volta rientrata nella società possa avere a disposizione un valido bagaglio culturale, consono a dissuaderla ad intraprendere nuovamente condotte antisociali.
Quest’ultima affermazione si fonda sul fatto inconfutabile che nessuno nasce con il gene o predisposto al crimine: sono tante le circostanze e i fattori che conducono la persona a commettere reati. Molte delle persone che sono recluse, ad esempio, hanno iniziato partendo da piccole trasgressioni, quando erano giovanissimi, le stesse che molti giovani compiono tutti i giorni, senza rendersi conto che potrebbe capitare anche a loro di distruggere la propria esistenza, anche e solo per un’unica scelta sbagliata.
Rimanendo in tema di problematiche giovanili e prevenzione alla legalità, attraverso questa iniziativa giornalistica, vorremmo anche cercare di creare i presupposti per permettere a classi di studenti delle scuole superiori di entrare periodicamente in carcere per partecipare a dibattiti e ascoltare le nostre testimonianze, certi di poter ancora offrire un contributo di prevenzione positivo.
Luigi Guida