Mancanze di strutture

Quando si parla di carceri sento spesso parlare di mancanza di strutture e quindi conseguentemente carenza di opportunità e mal gestione di un sistema intasato… tutto vero, ma il problema è ancor più
marcato per quei casi che presentano un quadro psichiatrico difficile da definire.
Da quando hanno chiuso e bandito, direi giustamente, i manicomi in Italia sostituiti poi dagli O.P.G.(Ospedali Psichiatrici Giudiziari), anch’essi di dubbia e controversa gestione, si è poi andati verso un’evoluzione del trattamento del paziente psichiatrico carcerato con l’apertura delle R.E.M.S. che a dire il vero alzano e di molto la qualità del periodo di reclusione.

Non so precisamente di che budget abbiano bisogno in quelle strutture, ma ad occhio costano allo stato molto più che il carcere poiché il servizio di cura e degenza è di prim’ordine e presenta un elevatissimo
staff medico unito ad un’adeguatissima squadra di educatori, assistenti sociali etc… inoltre la location ed il vitto sfiorano il livello alberghiero quindi il passo in avanti rispetto ad una casa di reclusione è notevole.
Ne posso parlare a briglie sciolte poiché ho conosciuto questa realtà durante la mia fase processuale e ho così potuto godere di una serie di “licenze” ed attività che non ti isolano dalla quotidianità, ma attraverso un’intensa osservazione giornaliera ti spingono verso un graduale ma continuo reinserimento nella società.
Il percorso di rientro è sicuramente meno traumatico ed impattante rispetto a qualsiasi carcere a cominciare dal fatto di non avere le sbarre intorno, né assistenti che ti controllano, l’ora d’aria non
esiste poiché si può accedere alla zona esterna praticamente sempre durante il giorno mentre la
settimana viene organizzata e scandita da tante attività stimolanti diverse tra loro.
L’unico problema, oltre alla lungodegenza dei singoli che compromette un ricambio frequente dei pazienti, è l’iterazione tra loro poiché molti pazienti faticano a relazionarsi non avendo la lucidità necessaria per discorsi articolati o attività fisiche impegnative, cosa molto penalizzante per persone dinamiche e socievoli come me.
Detto questo, segnalo solo la presenza di due strutture in tutto il Piemonte adibite a R.E.M.S. per
un totale di 40 posti letto… davvero troppo pochi per un’esigenza almeno dieci volte più grande.
Di conseguenza le sezioni carcerarie diventano una succursale ospedaliera con detenuti dalla personalità
distorta ed un quadro psichiatrico compromesso che penalizzati dalla situazione e senza il giusto
supporto medico e psicologico non trovano un adeguato percorso di recupero in un luogo che non è attrezzato per darglielo.
Delicate sono anche le dinamiche sociali, poiché detenuti ritenuti sani faticano ad accettare e a credere ad una disfunzione mentale che troppe volte diventa una scusa per abusare di un comportamento inadeguato o ad avere inutili privilegi ed infine intasare l’area medica.
Personalmente mi astengo nel giudicare condotte inadatte e ridicole di chi probabilmente soffre di
disturbi mentali che non ha bisogno sicuramente di urla e pressioni, però sicuramente penalizzano un
sistema già carente e pieno di mancanze.
Qualcuno trova posto nella fase finale della sua detenzione in comunità, dove magari in doppia
diagnosi (dipendenze + malattie mentali) riesce a trovare un certo conforto con terapie adeguate ed
attività fatte su misura per un graduale, mirato, ma lento ritorno nella società… ma, le comunità, poche
e anch’esse strapiene non rispondono all’effettivo bisogno.
In conclusione urge una forte presa di coscienza da parte del Governo che investa in nuove ed adeguate
strutture per una più ordinata distribuzione dei detenuti che non mischi troppo situazioni
pericolosamente diverse, allineandosi alle altre realtà europee sicuramente più all’avanguardia.

Vespino

Autore dell'articolo: feniceadmin