La Legge Gozzini fu approvata nel 1986, ampliando la riforma penitenziaria del 1975. Benché scritta sulla carta, non ha mai trovato senso compiuto. Oggi si potrebbe definire una riforma zoppa e ora oltretutto la si vuole limitare ulteriormente.
Una legge all’avanguardia, finalizzata a dare forza e contenuto a quelli che dovevano essere dei veri e propri percorsi rieducativi e di reinserimento delle persone che si trovavano in carcere.
Basta! Fare continue campagne elettorali giocando sulla pelle di chi non ha voce. E’ necessario fare corretta informazione e smetterla di manipolare le masse.
Nelle carceri italiane non esiste nessuna porta girevole. Le pene ci sono e le persone che hanno commesso reati le scontano. Le misure meno afflittive del carcere rappresentano anch’esse delle pene, a tutti gli effetti. Diverse, non fondate sulla vendetta sociale. Risarcitorie e che limitano, di fatto, la libertà personale, arrecando al reo sofferenza e, nello stesso tempo, inducendolo a risarcire, attraverso condotte riparative e utili per tutto il consesso sociale. La differenza consiste nel fatto che queste pene sollecitano e stimolano i vari passaggi che una persona che si trova in carcere dovrebbe fare, al fine di intraprendere un percorso di revisione critica e pensare al modo più congruo ed efficace per risarcire la collettività.
Il punto, purtroppo, è quello che in tutta Italia la nuova riforma penitenziaria non è mai stata messa in atto compiutamente, eccetto pochissimi istituti penitenziari, ad esempio Bollate, Padova, Gorgona, Massa, mentre le carceri, fatiscenti, sovraffollate, dove la promiscuità è diventata la regola anziché l’eccezione, continuano a rappresentare delle scuole di delinquenza.
L’Amministrazione Penitenziaria non riesce a garantire neanche i diritti basilari e fondamentali, come ad esempio la “giusta” quantità di carta igienica e prodotti per l’igiene. La rieducazione, in questo panorama, continua ad essere un miraggio, un’utopia. Basti pensare che attualmente sono solo millecinquecento gli assistenti sociali che devono seguire oltre trentaquattromila utenti.
Non è neanche vero che la pena dell’ergastolo esiste solo sulla carta. La legge italiana prevede due tipi di condanna all’ergastolo: una è quella ostativa, dove la persona non potrà mai più tornare in libertà, l’altra prevede almeno ventisei anni di pena scontata in carcere, prima di ottenere una misura che viene chiamata condizionale, la quale durerà per ulteriori cinque anni.
Quelli che sono i permessi, la semilibertà, rappresentano pene diversificate che inficiano, comunque e sempre, duramente sulla libertà personale e che “possono”, senza alcun automatismo, essere concesse, attraverso il libero arbitrio, da un Magistrato che sorveglia costantemente l’esecuzione della pena in carcere.
Sandro F.