La felicità in un mondo parallelo

Cari lettori oggi sfatiamo un “mito” che è quello che in carcere non si può essere felici e sereni.
E’ un pensiero personale ma che ho riscontrato anche in altri compagni raccontandoci a vicenda le nostre vicissitudini e gli stati d’animo passati e presenti.
Tutto parte da quando entri e a come formi il tuo percorso, ovviamente l’ingresso è per tutti traumatico e difficile da superare, ognuno ha le sue tempistiche, i suoi aiuti sia familiari che quelli dati dall’amministrazione.
Personalmente penso che se inizi questo percorso con una mentalità rivoluzionaria non troverai mai nulla di ciò di cui stiamo parlando, avrai solo pensieri e problemi in più e che immancabilmente si ripercuoteranno anche sui tuoi cari che ti sono vicini.
Anni fa quando entrai dissi “io non prenderò mai nessun rapporto disciplinare e prenderò tutti i semestri di liberazione anticipata” …, ma così non fu… passando il tempo vedevo che il sistema non funzionava (non che oggi funzioni) e così iniziai con la mia mente rivoluzionaria a cercare di cambiare il sistema o meglio migliorare i difetti che ogni carcere ha. Lo facevo con uno spirito di leader aggregando a me tramite “riunioni” compagni per far sentire il nostro “movimento” rivoluzionario. Devo dire che abbiamo ottenuto dei risultati sapendo benissimo a cosa andavamo incontro, rapporti disciplinari, denunce e trasferimenti nelle più svariate parti d’Italia.

Ciò al tempo non mi importava, non pensavo a me, pensavo a lasciare dei miglioramenti, qualcosa di nuovo per chi restava e per chi veniva dopo di me, io ovviamente non me ne giovavo perché venivo il prima possibile trasferito con punizioni e tutto quello che si allegava. Arrivato in un altro carcere la mia mente era sempre più forte, il sistema non mi plagiava e una volta messo piede, vedendo il malfunzionamento e facendomi conoscere dai nuovi compagni, che poi con il passaparola e gli scambi di lettere mi è capitato molte volte senza presentarmi di essere già conosciuto, ripartivo da zero cercando di migliorare anche quel carcere sempre sapendo le conseguenze e così via via iniziai a girare carceri su carceri e arricchivo il mio “curriculum” carcerario da detenuto indesiderato, per ogni carcere andando avanti con il tempo era sempre un problema accettarmi, in quanto raffinavo sempre più le tecniche rivoluzionarie ed essendo sempre più conosciuto ogni compagno nei svariati carceri dove sono stato mi seguiva.
Non in tutte le carceri abbiamo ottenuto risultati positivi, a volte perché ci restavo davvero poco e quindi non avevo il tempo per mettere in atto i miei piani, a volte perché nel tragitto perdevo compagni e il numero diminuiva così diminuendo la nostra forza. Detto ciò non rimpiango nulla di ciò che ho fatto perché so che ho lasciato un segno positivo in ogni parte dove sono stato, e in alcuni, non in tutti, ho, anzi abbiamo raggiunto risultati, miglioramenti, ma tutto questo agire non ricerca la felicità ma bensì l’opposto. Notti insonni, condanne allungate, dispiaceri ai familiari, ma la cosa peggiore sono le persone a te care che perdi in questo viaggio comportandoti così. lo ho perso un familiare molto importante per me alla quale avevo fatto promesse che non ho potuto mantenere, questi colpi al cuore credo siano stato il motivo per il quale ho deciso di fermarmi.
Un giorno di un anno fa ricevendo la notizia della scomparsa di una mia zia mi soffermai a riflettere su me stesso, analizzandomi per giorni senza uscire dalla cella, poi iniziai a soffermarmi a guardare chi vedevo spensierato, disponibile verso l’Amministrazione Penitenziaria, con un lavoro, con un rapporto di fiducia e stima reciproca senza oltrepassare i limiti tra agenti e detenuti e mi chiedevo come potessero essere così avendo addosso un sistema che non funziona e ti calpesta. Con il tempo inizia a confrontarmi con questi compagni, io esprimevo i miei pensieri, cosa avevo fatto e loro reciprocamente i loro. Sentivo proprio la differenza emotiva tra me e loro, loro si erano realizzati anche all’interno del carcere, si erano creati ognuno il loro piccolo spazio dove poter vivere felici e spensierati, mentre io non avevo nulla, solo problemi che insorgevano dal mio passato “carcerario”. Così capii che io avevo perso, che il sistema aveva avuto la meglio su di me, io ho perso tutto: sconti di pena, elogi, lavoro ma soprattutto persone care che ad oggi avrei potuto mantenere le promesse fatte e riabbracciarle qualche anno prima mentre ora non posso più farlo e quelle che mi sono rimaste le potrò riabbracciare in un tempo più lontano.
Dopo anni di carcere “sbagliato” da un anno a questa parte mi sono messo sulla carreggiata giusta, ho frequentato corsi prendendo diplomi, ho fatto una tesi in giurisprudenza, ho un lavoro, eseguo volontariato e aiuto il più possibile il prossimo, sempre all’interno del carcere. Tutto ciò mi ha portato a rivedere i miei cari felici e soddisfatti di me e tutto ciò mi rincuora, sono riuscito a rivedere il mio “EGO” e ho instaurato anche io un rapporto di fiducia e stima reciproca tra me e l’Amministrazione Penitenziaria, sono riuscito ad avere i primi sconti di pena chiamati “liberazione anticipata”, sperando con il tempo che passa di riuscire a dare una nuova immagine di me stesso e magari avere la possibilità di riabbracciare i miei cari fuori di qui.
lo ho imparato dai miei sbagli, sempre peggiori, però ad oggi anche io mi sono realizzato qui dentro e sono riuscito a trovarmi un posticino per essere felice e sereno, che era tutto quello che vedevo in questi anni passati negli altri e che non capivo. Ora ho capito che la “guerra” non porta a nessun buon risultato, la pace, essere pacifisti porta a tutto ciò che di bello la vita può offrirti, anche dentro in un carcere. Non voglio essere “RICORDATO” per il detenuto rivoluzionario, piuttosto se devo essere ricordato voglio esserlo per quello che sono oggi.

Omar P.

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Autore dell'articolo: feniceadmin