(da La Repubblica)
Orribile, vergognoso, brutale, non ho parole per descrivere la cattiveria degli esseri umani negli Stati in cui ancora esiste la pena di morte. Nel 2024!!!
Esistono ancora questo tipo di condanne, dalla pena di morte in alcuni degli Stati negli U.S.A., alle torture in alcuni dei paesi in medio-oriente usate come punizione per chi ruba, per chi non indossa gli abiti secondo i dettami dell’Islam, fino ad alcuni campi di concentramento nell’estrema Cina per le persone che credono nel Cristianesimo o nell’Islam, cinesi uguali agli altri ma con un’altra fede e per questo reclusi in veri e propri campi di prigionia.
Tutto semplicemente vergognoso, i giornali ovviamente non parlano di queste cose, queste notizie devi andare a cercartele se hai la voglia di sapere realmente la verità quando sei fuori dal carcere ovviamente. Qui le notizie le apprendiamo generalmente FILTRATE dai TG nazionali e regionali, ma questa redazione ci tiene ad informarsi e siamo arrivati a recuperare l’articolo di giornale di cui ho voluto estrapolare le parti più salienti di un argomento che ci tocca da tanti anni ormai. Mi sembra assurdo nel 2024 dover parlare
ancora di queste cose.
Prendiamo in esame proprio la storia dell’uomo di cui sopra, ossia il povero Kenneth Eugene Smith. Quando era poco più che maggiorenne, il Reverendo della sua chiesa gli commissionò, offrendogli 1000 dollari, di uccidere sua moglie e ricevere i soldi dell’assicurazione sulla vita che aveva fatto fare proprio alla sua consorte e pagare così i debiti di cui era sommerso. Il tutto venne fuori dalle indagini della polizia.
All’epoca nel 1988 la giuria stabilì quasi all’unanimità con 11 voti favorevoli e solo 1 contrario, che l’uomo in questione venisse condannato al carcere a vita, senza possibilità di libertà condizionale (già condanna terribile) ma un giudice impugnò la sentenza tramutandola addirittura in pena di morte (cosa che all’epoca dei fatti i giudici potevano fare). Solo nel 2017 in Alabama è stata approvata una legge che impedisce ai giudici di modificare i verdetti delle giurie popolari.
Oggi Smith avrebbe 60 anni e sarebbe in carcere da 35 anni che già di per sé è orribile, ciò vuol dire che quando commise l’omicidio aveva appena 25 anni e dopo 35 anni di carcere l’uomo stava ancora scontando la sua pena, ma dopo 35 anni ormai non era più la stessa persona di quando aveva commesso l’omicidio, quindi mi viene da chiedere non aveva già pagato abbastanza? Secondo lo Stato dell’Alabama no ed infatti come potete leggere nell’articolo sopra hanno pure fallito l’esecuzione mortale torturandolo con siringhe e aghi per 4 ore. Nonostante quel supplizio era riuscito a sopravvivere, ma hanno provveduto subito a ri-giustiziarlo con un metodo innovativo. Hanno usato il povero Smith come cavia, facendolo soffrire in pratica togliendogli l’ossigeno e farlo morire soffocato con l’azoto puro, tutto questo con l’uomo sveglio e cosciente, che sarebbe morto dopo alcuni minuti dopo atroci sofferenze e dolori. Basti pensare che pure i veterinari hanno vietato l’utilizzo di questo metodo per l’eutanasia sugli animali, questo solo per farsi un idea dell’atrocità del sistema giudiziario dell’Alabama.
È barbaro quello che succede in questi orrendi Stati dove un grave errore si, un omicidio, il più brutto e grave dei reati, può essere condannato alla pena di morte, come fossimo nel medioevo.
Qualunque psicologo o psichiatra serio potrebbe attestare nero su bianco che un uomoch e a 25 anni commette un delitto, dopo aver scontato 35 anni di carcere non è più lo stesso uomo di allora perché la mente umana si evolve col passare degli anni, quindi perché ucciderlo? Perché non si riesce a capire che non c’è bisogno di queste barbare esecuzioni quando in realtà quell’uomo avrebbero potuto recuperarlo attraverso vari e soprattutto veri percorsi di rieducazione e riabilitazione sociale in tutto quel tempo.
Lo stesso vale qui in Italia dove ci sono persone che scontano ergastoli arrivando ad accumulare più di 40 anni di carcere perché quando furono condannati erano poco più che ventenni e non si riesce a capire che non serve a niente tenere per così tanto tempo un uomo dietro le sbarre a meno che non si vogliano creare dei mostri, che poi mostri non sono, perché se prendi un uomo che è entrato in carcere a 20 anni e magari lo fai a uscire dopo 40 anni cioè a 60 anni, quell’uomo non saprà nemmeno dove si trova quando
metterà i piedi fuori dal carcere, potremo quindi paragonarlo ad un bambino che si perde in un grande centro commerciale.
Ve lo posso garantire per esperienza personale, perché già dopo solo un paio di anni passati in carcere quando esci ti senti alienato, figuriamoci 30/40 anni. Quell’uomo veramente avrà seri problemi di riadattamento e riambientamento nel mondo esterno, dovrà seguire realmente un percorso con psicologi, quindi perché non farli prima questi percorsi? invece che far passare 30 anni in carcere e solo se sarà fortunato sconterà la sua pena in carceri dove perlomeno potrà lavorare e usufruire di percorsi di lavoro o di studio.
In realtà non tutte le carceri sono così e io ne so qualcosa, in alcune carceri sei abbandonato a te stesso e sta a te trovare il modo di farti passare le giornate e se vuoi studiare lo devi fare per conto tuo, il lavoro è saltuario e prima di essere inserito in graduatoria per un lavoro fisso passano anni e intanto quella persona si disumanizza ma non a livello di pericolosità sociale, anzi tutto il contrario.
Lo Stato o gli Stati questo vogliono (ti viene da pensarlo quando vivi queste situazioni per anni). Sembra proprio che vogliano piegare e schiacciare i detenuti, soprattutto quelli più scomodi, non vogliono realmente recuperarli, e uno dei tantissimi esempi pratici è la storia del povero Smith che dopo 35 anni di carcere è stato giustiziato per ben due volte.
In alcuni Stati poi la situazione e molto più grave che qui in Italia, ma quando sento parlare i politici di rieducazione e riabilitazione ed allo stesso tempo di sovraffollamento ormai mi viene da ridere perché sono i soliti discorsi da propaganda. In realtà la rieducazione e la riabilitazione dei detenuti interessa realmente solo pochi personaggi che si dedicano a proporre vari percorsi di studio e di lavoro prima interno e poi esterno al carcere, perché la vera vita appunto è al di fuori di queste quattro mura.
Se vuoi recuperare un uomo non buttarlo subito in carcere ma cerca di capire prima se veramente è pericoloso e poi cerca di capire quali sono le sue potenzialità e aiutalo a sfruttarle. Se poi la persona non vuole essere aiutata e vuole continuare a essere il “cattivo” della situazione allora è un altro discorso, ma se la recidiva è così alta e se ci sono così tanti suicidi nei carceri la colpa è delle condizioni in cui versano gli Istituti di pena e il degrado in cui devi scontare la pena e la colpa di tutto questo degrado e
disinteresse è solamente dello Stato.
Lo stesso fallimento della recidiva, dei suicidi e delle morti in carcere è dello Stato, che sa solamente promettere di intervenire per risolvere il sovraffollamento, di intervenire sul tasso di suicidi e di morti nei carceri che è sempre più alto e di intervenire sulla recidiva con percorsi riabilitativi, se tutto questo non cambia e le cose anziché migliorare peggiorano sempre allora è facile capire che allo Stato non interessa realmente risolvere queste problematiche e nemmeno gli interessa se il primo a fallire davanti a queste
situazioni è lo Stato stesso. Scriveva Dostoevskij che se vuoi misurare il grado di civiltà di un paese non devi guardare i bei palazzi o i bei monumenti, ma lo misuri calcolando il grado di civiltà delle carceri e calcolando il tasso di disoccupazione di quel paese, quindi se vogliamo fare questa misurazione qui in Italia direi che siamo messi proprio male.
Concludo dicendo che ieri si sono suicidati altri 2 detenuti, uno nel carcere di Verona e uno nel carcere di Carinola in provincia di Caserta. Un pensiero lo rivolgo al povero Smith, “spero tu possa aver trovato il tuo posto ora che non soffri più.”
Come sempre spero di essere riuscito a mandare il messaggio giusto ed a farmi capire, ciao a tutti.
Valerio (V.R.)