Sveglia abbastanza tardi, intorno alle 9.00, anche se il buon sonno è già stato interrotto dall’infernale rumore metallico e stridente delle chiavi che aprono la porta blindata esterna della cella, all’incirca intorno alle 7.30. Se ti alzi a quest’ora sei comunque costretto ad attendere le 9.00 per poter uscire di cella, ovvero quando la guardia apre la serratura della porta interna con le sbarre. Caffè, tanto caffè ogni mattina, accompagnato con una sigaretta dal tabacco forte e subito telecomando in mano, TV accesa, notiziari … Coronavirus, in ogni dove e in ogni quando.
Dati su dati, numeri, calcoli, statistiche, parole dei potenti e dei giornalisti, polemiche, bombardamento di notizie su notizie più o meno attendibili, a volte contraddittorie tra loro.
Chissà che cosa sta succedendo veramente fuori, nel mondo esterno fuori dal carcere? Le mie amate madre e compagna come stanno? Cosa fanno? Il mio cane? I parenti più cari? Non solo i miei, ma anche quelli degli amici qui dentro ed in primis dei mio compagno di cella, come stanno, dove sono pure loro? Sentiamo di tutto ed il dolore e ansia (già al limite) aumentano a dismisura.
Viviamo inermi, impotenti, sempre più distanti da tutto e da tutti. C’è qualche detenuto tra noi che fortunatamente può vedere virtualmente (li chiamano video-colloqui) qualche suo caro, ma nemmeno tutti, ovvero solamente quelli autorizzati al video-colloquio, come ci fosse necessità forzosa di farci selezionare gerarchicamente chi amiamo di più o chi ci manca di più o chi reputiamo abbia più necessità di vederci e di parlarci, per poi riferire al resto della famiglia ed altre persone care in quali condizioni viviamo qui dentro e come stiamo attualmente. C’è chi può chiamare i propri cari una, due o addirittura tre volte in più alla settimana, su deroga emergenziale emanata dalle autorità competenti. Infine ci sono quelli come me ed il mio compagno di cella (posizioni in attesa di giudizio): non possiamo né telefonare, né video-chiamare nessuno, eccetto l’avvocato (che ovviamente non è sempre reperibile vista l’emergenza nazionale causata dai virus). Si tenta invano di inviare al G.I.P. di competenza moduli prestampati da noi compilati, con la flebile speranza di ricevere una risposta il più presto possibile ed essere autorizzati a telefonare almeno una volta alle persone che amiamo. I giorni passano e le risposte non arrivano … La posta tradizionale è estremamente rallentata dagli emendatemi estremi dello Stato.
Cerco di rispondere immediatamente alle lettere che mi arrivano dalle due più importanti persone amate, anche con 5/8 giorni di ritardo (nonostante siano prioritarie o raccomandate) preso da un fortissimo senso di preoccupazione nei loro confronti.
Vivo in una bolla, che sta dentro un’altra bolla, fatte di spesse pareti in vetro insonorizzate. Processi sospesi sino al 15 aprile (forse …). Altre novità dal mondo della giustizia? Frammentate o false. Le guardie carcerarie non sanno o forse non vogliono sapere o forse sanno, ma fanno finta di non sapere; ci dicono poco o nulla. Fatto sta che abbiamo compreso che l’intera nazione è bloccata, devastata da questa pandemia. C’è chi morirà, chi si ammalerà in numero sempre maggiore, chi non è infetto ma sta comunque soffrendo perché manca denaro e lavoro. Una pandemia devastante in un mondo già devastato.
La notte nella nostra sezione arrivano “di nascosto ed in silenzio” nuovi detenuti, costretti ad affrontare la quarantena in cella chiusa (con porta blindata), ma senza alcun esame sanitario preliminare condotto all’ingresso, senza una vera organizzazione igienico-sanitaria protocollata e certificata. Ora chiedo a voi: come puoi affrontare una quarantena in una sezione con altri circa 30 detenuti che parlano e transitano difronte alla tua cella “isolata per finta” tutto il giorno?
Va bene, ci è stato comunicato che i nuovi giunti non sono infetti, poiché hanno già affrontato un periodo di quarantena precedente nel carcere dal quale sono stati trasferiti, ma altri no, altri arrivano direttamente dalla libertà. Ipotizziamo solamente che uno di loro abbia incubato Covid-19 e che manifesterà i propri sintomi nei prossimi giorni. Lascio a voi l’immaginazione di un effetto domino devastante che potrebbe crearsi qui dentro.
Ora i notiziari non parlano più di rivolte (sono accadute ovviamente per la paura nei confronti della nostra incolumità e soprattutto per la forte preoccupazione verso la salute del nostri cari esposti lì fuori). Statisticamente io credo fortemente che sia impossibile, visti i numeri dei contagiati e dei deceduti in costante paurosa crescita, che in alcun carcere italiano non si sia infettato almeno un detenuto o una guardia penitenziaria. Qui, nel nostro piano, ci hanno fornito candeggina per poter disinfettare alcuni ambienti, soprattutto quelli col più alto rischio di contaminazione, come per esempio le docce comuni (utilizzate anche dai nuovi giunti ovviamente, non dotate di finestre apribili e dunque considerate ambienti particolarmente pericolosi, visto il lungo tempo in cui le particelle di vapore acqueo rimangono in sospensione nell’aria). Sono state date in dotazione mascherine e guanti solamente ai detenuti lavoranti, responsabili delle pulizie e della distribuzione del vitto, alle guardie penitenziarie, ma a noi detenuti no … Speriamo abbiano ragione, speriamo sia vero che non sono a noi necessarie (ironicamente).
Voi che lì fuori ora userete più che mai smartphone, PAD, PC ecc., vista l’emergenza in corso che prevede di restare a casa, nessuno escluso e che rispetto ai giorni normali navigherete molto più spesso sui social network, spero avrete opportunità di interessarvi a queste nostre letture, poiché la sofferenza che proviamo ora è raddoppiata assieme all’ansia. Dispiace anche a noi per tutto ciò che sta succedendo là fuori e per tutti coloro che stanno soffrendo poiché colpiti dalla malattia in forma più o meno grave; anche nei confronti di chi non è infetto ma non può vedere o stare vicino ai propri cari; a chi sta perdendo il lavoro per le ripercussioni economico-sociali che questa pandemia sta causando. Vi pensiamo e vi stiamo accanto, solennemente, lasciando da parte i nostri interessi individuali, le nostre storie e sofferenze, sperando che anche voi possiate mandarci un piccolo positivo pensiero, augurarci buona fortuna, accantonando i pregiudizi sui nostri crimini, su ciò che ci meritiamo di scontare.
Mi auguro con tutto il cuore che in qualche modo, un giorno, passata questa violenta pandemia virale si possano davvero aiutare le sorti dell’umanità, arrivando ad un futuro in cui la solidarietà, l’aiuto e l’amore verso il prossimo prenderanno una volta per tutte il posto dell’individualismo capitalistico, dell’avidità, dell’invidia e dell’odio quotidiano, che abbiamo respirato e del quale ci siamo tutti intossicati in questi ultimi anni.
Diego T.