Il teatrino della Giustizia

Io, che per gran parte della mia vita di processi e malagiustizia avevo sentito parlare solo in televisione e quindi ne ignoravo molti aspetti, ora che personalmente ho raccolto tante testimonianze ed una volta che in prima persona ho dovuto subire più di una udienza, vedendo poi all’opera non solo il mio Avvocato, ma anche un Pubblico Ministero, un Giudice e perfino una Corte d’Assise benché un po’ disorientato, mi sono comunque fatto un’idea generale della questione e senza troppo andar nel personale ho deciso di descrivere le mie impressioni.

La cosa che faccio più fatica a capire e che forse non capirò mai è come sia possibile che un P.M. che minimamente ti conosce possa accanirsi su un imputato semplicemente leggendo rapporti spesso fuorvianti di Carabinieri o Forza dell’ordine ricostruendo forzatamente la situazione che ha portato al reato e chiedendo quasi sempre il massimo della pena…senza pensare alle circostanze che hanno forzato una persona ad agire in quel modo.
Dall’altra parte spesso gli avvocati difensori descrivono uno scenario opposto a quello dell’accusa
risultando anch’essi poco credibili ed a volte più che a difendere qualcuno praticamente indifendibile
si limitano a trovare scorciatoie giudiziarie per limitare i danni e salvare il salvabile.
In mezzo c’è un Giudice preposto a prendere decisioni ed a emanare una sentenza talvolta coadiuvato da una Corte d’Assise che dovrebbe garantire imparzialità di giudizio e pluralismo nelle vedute d’insieme…ebbene anch’essi fanno la loro parte di quello che io definisco un “teatrino” con ruoli ben assegnati,
trame già scritte mentre a volte all’inerme e smarrito “giudicabile” non viene neppure concesso di
parlare, così consigliato dal suo difensore addirittura per non peggiorare la situazione.
Ora ben si capisce come sia difficile partorire una “giusta” sentenza considerate sia le aggravanti sia
le attenuanti generiche del caso, magari influenzata da una forte esposizione mediatica che sposta, anche se non dovrebbe, sia le coscienze sia il metro di giudizio delle persone.
Adesso mi rendo conto di quante volte un verdetto definitivo possa essere controverso sia da una parte
che dall’altra, creando una sensazione di disagio non solamente per chi vive la situazione in prima persona; oppure trovo inspiegabile come su tre gradi distinti di giudizio venga completamente ribaltato il
risultato finale smontando completamente l’impianto accusatorio.
Va da sé che chiunque ritenga di aver subito un torto non viva la detenzione come un passaggio corretto e non ne accetterà mai le regole da seguire vivendo con rabbia e rancore tutto il periodo detentivo…
pericoloso questo aspetto poiché potrebbe generare vendette trasversali, reiterazione del reato o
regolamenti di conti nell’immediato futuro.
Di conseguenza il concetto di giustizia assume un significato non sempre concordante… qualcuno
asserisce come la ragione Divina sia l’unica da aspettarsi ed accettare, certamente però lo studio e
l’applicazione del Codice Penale seppur nel tempo ampliato ed approfondito non dovrebbe, a mio avviso
dar troppo spazio ad interpretazioni confondendo di fatto la carte in tavola.
Particolare, infine, è descrivere e raccontare ciò che in prima persona mi è successo durante il mio
lungo processo che praticamente verteva e si basava tutto su due ben distinte perizie psichiatriche (non
di parte, ma disposta dal Giudice la prima, mentre la seconda dalla Corte d’Assise) eseguite a distanza di
un anno circa tra loro e che sostanzialmente risultavano differenti dando quindi due esiti completamente opposti.
La prima a pochi mesi dal reato mi concedeva il totale vizio di mente di fatto scagionandomi, mentre
la seconda sosteneva la totale capacità d’intendere e volere al momento del fatto. Quasi tutti si son trovati increduli e disorientati dall’esito conclusivo dei due periti che godevano entrambi di esperienza, credibilità e professionalità.
L’udienza conclusiva personalmente l’ho vissuta forzatamente con sarcasmo ed ironia poiché sfiorava
il grottesco e vedeva il mio avvocato impegnato a screditarmi definendomi più volte inconcludente,
lassista e squilibrato (per far avvalorare la prima perizia che mi avrebbe assolto) mentre il P.M. fino ad
allora severissimo nei miei confronti, elogiava i miei buoni e civili rapporti personali facendo leva su tutti i traguardi e successi raggiunti nella mia vita (accreditando la seconda perizia che mi avrebbe condannato) di fatto invertendo i ruoli normalmente interpretati.
Quasi un’ora è durata quella ridicola farsa, in cuor mio avevo già vinto perché in sostanza il verdetto
comunque espresso avrebbe dato modo a ricorsi e contestazioni, soprattutto perché la mia vicenda era
piena di sfaccettature difficilmente risolvibili e tutto l’apparato giudiziario poteva essere esposto a controversie ed interpretazioni … regalandomi di fatto una grossa soddisfazione e cioè che la verità
non è sempre unica ed unilaterale.

Vespino

Autore dell'articolo: feniceadmin