Un mondo parallelo

Qual è la prima immagine che ti viene in mente se ti nomino la parola “CARCERE”?
A me, personalmente, vengono in mente persone che camminano, persone che camminano avanti ed indietro, persone che camminano senza uno scopo, senza una meta, senza un obbiettivo, un fine.., camminano soltanto, camminano e basta.
Da detenuto è questa la mia visione, questo è quello che vedo.., questo è quello che vedo ogni giorno, costantemente.
Certo, ad una persona che è in libertà sono certo che la prima cosa che gli salta in mente (riguardo la domanda citata sopra), non sarà sicuramente “gente che cammina” …

Probabilmente vedrà solo sbarre, catene, manette, persone “cattive”, delinquenti, gente che non “vale niente”, che magari ha passato la vita a rubare, spacciare, uccidere, far parte di gang o cosche mafiose… insomma “scarti della società”, gente che non ha nulla da perdere, che merita di stare dove sta, gente “inutile” e via dicendo…
Ma ritornando al discorso di prima…
Perché camminano?
Come mai non hanno una meta?
Seguono un tragitto?
Come mai non si fermano?
A questo risponderò più avanti.., ora cercherò di mettervi più a fuoco determinati punti della vita detentiva. Il carcere non è come appare agli occhi di chi non lo “vive”. E’ pieno di regole, sia quelle INELUTTABILI stabilite dal penitenziario stesso e dagli assistenti, assistenti di cui ovviamente il nome vero non si può sapere ma vengono tendenzialmente sempre chiamati con soprannomi dati dai detenuti, in maniera da poterli distinguerli tra loro mentre si parla tra detenuti o addirittura mentre si parla con un assistente di un altro suo collega! … ah, e poi ci sono le regole stabilite tra i carcerati, ancora più FERREE di quelle date dalla direzione stessa del penitenziario, diciamo quelle che ti “conviene” seguire se tendi a voler il “quieto vivere” all’interno delle mura carcerarie.
All’interno delle mura trovi detenuti di ogni tipo, rapinatori, truffatori, mafiosi, ex soldati, spacciatori al dettaglio, trafficanti di droga, detenuti infermi, psicopatici, sociopatici, serial killer, “Uomini ombra” in gergo gli ergastolani… insomma chi più ne ha più ne metta, gente di ogni genere e calibro, addirittura INNOCENTI, poiché purtroppo la legge italiana su molti fronti è ancora retrograda.
Magari molti di voi non lo sanno, ma per fare un brevissimo riassunto sulle procedure e lo svolgimento legislativo italiano, la legge italiana funziona tendenzialmente così;
1) Vieni denunciato o querelato, sia a piede libero che in fragranza di reato, al giudice vengono trasmesse le denunce/querele della P.O. (Persona Offesa), ed il giudice provvede ad emanare un mandato di arresto o custodia cautelare che sia.
2) L’indagato, cioè la controparte, viene arrestata o comunque messa sotto qualche tipo di custodia cautelare.
3) L’ indagato a questo punto può iniziare la sua difesa nei confronti delle accuse a lui mosse.
C’è qualche problema in questo, c’è proprio un problema di fondo nel meccanismo giudiziario e giuridico.
Propongo un breve esempio, giusto per dare l’idea.
Esempio: Mi sveglio un bel giorno, e decido… magari provando rancore o antipatia nei riguardi di una persona, di colpirmi al volto ed al corpo con forza, da solo, arrecandomi molteplici danni.
Mi presento in una Caserma dei Carabinieri o Commissariato di Polizia che sia e decido di denunciare quest’ipotetica persona per aggressione…
Successivamente mi reco all’ospedale per farmi refertare i danni “auto inflitti”, ma in questo frangente fatti passare per danni subiti.
Automaticamente la denuncia viene trasmessa alla procura, dove viene visionata da due giudici, tendenzialmente un P.M. (Pubblico Ministero) ed un G.I.P. (Giudice indagini preliminari)
Il P.M. intanto emana un provvedimento insieme al G.I.P. nei confronti della persona querelata, che in questo contesto viene chiamata “indagato”.
Quindi l’indagato subisce una misura cautelare che può variare da degli arresti domiciliari, obblighi di dimora o molto facilmente ad una reclusione all’interno di un carcere, e diventa a tutti gli effetti un INDAGATO, cioè persona sottoposta ad indagini da parte della procura.
Qual è il problema di fondo dunque?
Calcolando che in questo caso, l’indagato, non ha commesso nessun reato poiché è stato, in parole povere, “incastrato”, non gli rimane che difendersi trovando un “alibi” riguardante la fittizia calunnia e sporgerà QUERELA PER AGGRESSIONE.
E se non ha un alibi?
Se fosse stato semplicemente in giro a passeggio da solo?
Chi potrebbe testimoniare del fatto che lui fosse in compagnia di altre persone? O che fosse a lavorare? Lui, ipoteticamente, era semplicemente in giro a farsi una passeggiata in solitaria e vivendo da solo e magari non essendo stato d’accordo con nessun amico per andare a bere una birra in compagnia.., come fa ad avere un alibi per difendersi?
Rimane la parola di una persona con danni al volto ed in tutto il corpo, che denuncia una persona che “sfortunatamente” non ha un alibi per difendersi.
Capite qual’ è il problema di fondo?
Bisognerebbe prima analizzare tutta la situazione, interrogare immediatamente l’indagato (tra l’altro senza assegnargli la nomea di INDAGATO)
Non come nella normale routine della legge italiana, cioè segnalarlo, arrestarlo, portarlo in un penitenziario e poi entro 96 ore dall’arresto aspettare di avere udienza con il G.I.P. per cercare di smontare le accuse… molto probabilmente la difesa non reggerebbe senza un alibi, escludiamo la passeggiata in solitaria e mettiamo caso che fosse in casa a dormire.
Come si giustifica?
La difesa crollerebbe, basterebbe anche solo un messaggio inviato durante un litigio tramite messaggi tra i due (magari un messaggio vecchio di settimane, in cui c’era stato uno scontro tra i due per poi incastrarlo così.) CAPITE CHE COSI’ NON FUNZIONA?
Questo era solo un breve esempio del meccanismo giuridico che si innesca in una situazione simile.
ORA, torniamo alla mia soggettiva ma che spero diventi unanime visione del carcere.
Il carcere ti cambia dentro, cambia il tuo modo di vedere le cose, di viverle… ti pervade e diventa padrone della tua stessa vita.
Se non fai attenzione, il carcere può prendersi anche il tuo umore e può trascinarti in un oblio abissale, fatto di paure, ansie, angosce ed agonia.
C’è gente che vive nell’abisso dentro queste mura, che se li guardi negli occhi vedi occhi spenti… occhi che probabilmente non brilleranno mai più.
Occhi persi nel vuoto, imbottiti di psicofarmaci oppure pieni di vendetta, rabbia o dolore.
Invece ci sono persone che si fanno forza, anche se magari pensavano di non averne più, ma che cercano di occuparsi le giornate, dandosi degli schemi e regole da seguire.
Dal pulire e mettere in ordine la cella di prima mattina, impegnarsi nel cucinare dei buoni piatti con quello che concede il carcere, (ricordate sempre che gli alimenti che fornisce il carcere nella lista degli alimenti da acquistare non offre la varietà che c’è all’esterno.) di dedicarsi alla palestra, alla scuola, alla lettura di un buon libro. I sentimenti, l’amore diventano un lontano ricordo. Si cerca solo di tenere la mente impegnata il più possibile , come dicevano gli antichi latini “Mens sana in corpore sano”.
La prima domanda che bazzica nella mente di un uomo qualsiasi che varca questo cancello è: “Quanto tempo della mia vita buttato via a stare qua dentro.”
Tempo della vita equivale a esistenza di sé stessi, quindi è come fosse un furto, una sottrazione del proprio tempo disponibile alla propria vita più specificatamente, esistenza.
La forza sta nell’impiegare al massimo il “sé stesso detenuto” nella crescita e nella costruzione di un “IO” superiore rispetto al precedente sé stesso che era in libertà all’interno di queste mura.
E comunque rispondendo alla domanda che inizialmente posi all’inizio dell’articolo è… almeno per la mia soggettiva visione è…
La gente cammina per far passare il tempo, tempo che non vorrebbe passare all’interno di questo MONDO PARALLELO, ma in cui purtroppo è obbligata a vivere e coesistere.

Alessandro M.

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Autore dell'articolo: feniceadmin