La brutalità degli eventi in carcere

Quando ti portano via un compagno, un amico…

Succede molto spesso di dover ricominciare da capo in carcere e parlo di quando si viene trasferiti all’improvviso.

Senza alcun preavviso, vengono gli Assistenti alle 6 di mattina e ti svegliano dicendoti: “Preparati la roba, sei trasferito” senza aggiungere null’altro ti dicono anche di fare in fretta, so benissimo che questo fa parte del lavoro della P.p. (Polizia penitenziaria) e che non sono loro i cattivi, ma semplicemente succede che ti trasferiscano per motivi di sovraffollamento o capita anche di essere trasferiti per “Ordine e Sicurezza” e cioè quando diventi un elemento di disturbo all’interno della sezione detentiva dove sei ubicato e quindi diventi un ospite non gradito alla direzione dell’istituto dove ti trovi che fa richiesta di allontanarti in quanto appunto ospite indesiderato.
Io nei miei lunghi 8 anni passati tra un carcere e l’altro e solo 1 anno passato in comunità ne ho subiti molti di trasferimenti sia per sovraffollamento che per Ordine e Sicurezza, in quanto negli anni passati in carcere e soprattutto nei primi anni mi sono reso protagonista e a volte partecipe di azioni violente e di traffico di cellulari e sostanze, cose che comunque ho chiarito e pagato con le Autorità Giudiziarie e anni in più di carcere. Ma i fatti di cui volevo parlarvi non riguardano me in prima persona in quanto trasferito, ma in quanto compagno di cella che vede portarsi via l’unico compagno di cella adeguato alla mia persona.
Di me vi racconterò delle mie avventure nelle carceri italiane prossimamente.
Alle 6 e 30 di mattina ero intento a dormire ma pronto a svegliarmi dopo mezz’ora in quanto in questo momento sto lavorando come “Addetto alla distribuzione del vitto” in gergo carcerario: “il Porta-vitto”. Quindi mi sveglio presto la mattina per distribuire la “colazione” che consiste in un composto di acqua mischiata a tè, acqua e latte e caffè-acqua, poi mi vede impegnato di nuovo alle 12 per distribuire il pranzo e di nuovo alle 18 per distribuire la cena che come sempre consiste in brodaglia di dubbia composizione e provenienza e la solita insalata da accompagnare con un pacchetto di wurstel o qualche pezzo di formaggio non meglio identificabile. Quando invece va bene capita qualche spinacina/cotoletta fritta o un hamburger fatto con della carne di qualche animale di cui ancora non conosco la provenienza in quanto il gusto non mi ricorda nulla del regno animale.
Ma torniamo a noi, erano le 6.30 di mattina quando arriva l’Assistente a svegliare il mio compagno di cella (il quale dorme coi tappi – per poter sopportare il mio russare – quindi fui svegliato io per svegliare lui) per avvisarlo dell’imminente ed inevitabile trasferimento, in quel momento cerchi di accendere in fretta il cervello: non solo ti hanno svegliato nel bel mezzo del sonno ma ti hanno anche dato una notizia che sconvolge chiunque non abbia fatto egli stesso la richiesta di trasferimento, quindi si inizia a ragionare razionalmente e non farsi prendere dal panico del dover allontanarsi ancora di più dai famigliari e comunque anche dagli “amici” che ti eri fatto fin’ora con il percorso carcerario che stavi portando avanti. Io che ci sono passato posso affermare che si pensa solo a quello in quei momenti. Adesso dovrò ricominciare tutto da capo, chissà che gente troverò, chissà dove andrò, ti fai tutte queste domande e posso dire che la stessa reazione l’ha avuta anche il mio compagno di cella, gli leggevo nel volto il panico per una notizia che ha sconvolto quello che poteva sembrare un naturale corso degli eventi, ma il trasferimento non è cosi, spezza tutto quello a cui credevi e pensavi fino a quel momento, ed è cosi che devi farti tanta forza e coraggio e non fare altro che iniziare a imbustare tutta la tua roba (vestiti, generi alimentari, bevande, igiene personale, scarpe) e tutto questo in pochi minuti senza neanche il tempo di un caffè e di una sigaretta, ma una sciacquata veloce alla faccia deve bastare. Non puoi decidere di rifiutare il trasferimento (a meno che non sia stato tu stesso a chiederlo, allora sì puoi rifiutarti) ma rifiutare un trasferimento che viene dai piani alti del carcere non è consentito, vuol dire andare incontro al carcere dove ti trovi in quanto sei diventato un’ospite indesiderato quindi da tale vieni trattato, se ti rifiuti arriva la famosa “squadretta” che ti prende di forza e ti carica sul furgone per portarti lontano da tutto quello che pensavi fosse giusto fino a quel momento, a volte con l’uso della violenza, obbligati se vogliamo, dal detenuto che non aveva alcuna intenzione di partire, e facendo così resistenza si va incontro all’inevitabile violenza che suscitata da un ordine imperativo deve per forza essere messa in atto. Il mio compagno di cella è stato trasferito proprio per questo motivo e cioè l’ordine e sicurezza di cui sopra, diventando cosi ospite indesiderato. Io ero incredulo a quanto stava succedendo ma non riuscivo a pensare a niente, vedevo solo il mio compagno preso dal panico che andava su tutte le furie ma che sotto mio consiglio cominciò lo stesso a prepararsi le cose, non avrei mai voluto vederlo andare via, ma sicuramente non avrei preferito vederlo portato via di forza, quindi lo incoraggiai e lo aiutai a prepararsi le cose e dirgli : “stai tranquillo che tanto andrà tutto per il meglio, sei forte, ce la farai anche questa volta vedrai, scrivimi appena arrivi lì e fammi sapere come stai e dove ti hanno messo, e mi raccomando manteniamoci l’un l’altro la promessa di non perderci di vista ma di rimanere in contatto” (cosa che succede raramente ma con lui sono sicuro che non ci perderemo di vista e ci rivedremo un giorno fuori da questo inferno terreno).
Lo abbraccio, lo stringo forte, gli dico che gli voglio bene lui mi abbraccia e non vuole lasciarmi, ma l’assistente dietro di noi va di fretta, e spezza quel momento fatto di bene reale e sincero, perché c’è già la scorta pronta all’esterno che aspetta. Cosi ci salutiamo e lo vedo andare via verso il suo nuovo cammino.
Quando resto da solo metto a fuoco la situazione, sono da solo, non ho più un compagno di cella, anzi, il compagno di cella, sì perché in quel momento realizzo che non troverò mai nessun altro che potrà prendere il suo posto nella mia cella. Con lui avevamo un legame veramente speciale, fatto di stima e rispetto reciproco e di tanto bene sincero, sì non è facile trovare persone così all’interno di un carcere, ma sia lui che io avevamo trovato il compagno perfetto per un viaggio nella sofferenza di questi inferni in terra, dove eravamo l’uno la spalla dell’altro. A me è successo anche di vivere questa situazione con mio fratello di sangue e credetemi non c’è niente di più brutto e doloroso in questi posti, e quando succedeva la situazione era di molto peggiore e non riuscivamo a trattenere le lacrime, dividere due fratelli che sono insieme nella sofferenza è una cosa brutale e violenta di per sé, ma così è il carcere, per questo mi ero ripromesso di non affezionarmi più a nessuno perché ormai dopo 9 anni so benissimo come vanno queste cose, ma con il mio ex compagno cella è stato un rapporto nato dal nulla diventando importante per la lealtà e la sincerità che ci dimostravamo l’un l’altro, ma sapevo che prima o dopo sarebbe successa una cosa simile.

Spero con tutto il mio cuore che sia lui che sua madre stiano bene, e che lui riesca a superare questa prova contro se stesso e contro la brutalità dell’istituzione carceraria. Prima di andare via, il mio compagno di cella disse qualcosa che non scorderò mai, è in carcere da soli 8 mesi ma era molto sveglio e questo mi piaceva molto di lui, comunque la frase che mi disse è : “ questi pensano che siamo degli animali, pensano che sono una mucca che adesso verrà portata in un altro allevamento” rimasi interdetto poi lui aggiunse : “siamo solo dei pezzi di carne per loro”.
Ebbene cari lettori a voi la libertà di pensare come volete ma io penso che in fondo aveva ragione nel dire quelle cose, ma non parlo degli Assistenti, parlo dei vertici, perché con gli Assistenti si creano dei rapporti basati sul rispetto reciproco, invece con i vertici non c’è alcun tipo ti rapporto e quindi ci trattano così come numeri, da spostare se magari uno si lamenta un po’ di più o se magari litiga con qualche altro detenuto, senza sapere che un trasferimento è un vero e proprio stravolgimento di eventi non solo per il detenuto ma anche per la famiglia di quel detenuto.
Per questo auguro ogni bene a lui e alla sua famiglia.
Io dal mio canto mi riprometto di non affezionarmi più a nessuno, e sinceramente resto volentieri da solo in cella finché posso perché so che non troverò un’altra persona come lui.
Io vado avanti con la convinzione che un giorno tutto questo non solo finirà ma che potranno andare meglio le cose per quelli che dopo di me dovranno purtroppo affrontare il carcere. Io per una buona parte di vita sono cresciuto tra questi muri e queste sbarre, mi sono fatto forte e mi sono fatto tanta forza, con mio fratello di sangue o con qualche particolare compagno di cella, perché puoi essere duro quanto vuoi, puoi essere forte quanto vuoi e puoi anche avere 100 persone attorno, ma se non crei un legame VERO con qualcuno, sarà molto più difficile andare avanti, credo che in questi posti si debba trovare qualcuno con cui condividere il dolore e la sofferenza. Per questo prima di concludere vorrei ringraziare mio fratello maggiore per avermi supportato molte volte e di cui vorrei parlarvi prossimamente e un ringraziamento anche per A.M. e a sua madre. E come in ogni articolo non posso far altro che porre un ringraziamento speciale a mia madre al mio patrigno e al mio fratello piccolo che mi sono stati dietro nonostante i 7 trasferimenti di carcere che ho subito tra il nord e il sud Italia e che hanno subito anche loro per colpa mia.
Non penso che nel carcere ci sia solo male e brutalità ma raccontando dei trasferimenti non potevo far altro che raccontare le cose per come stanno e per come le ho vissute io e cioè con brutalità di eventi e malvagità di persone senza cuore.

Valerio R.

Per contattare la Redazione La Fenice o commentare l’articolo scrivi a [email protected] oppure accedi a Facebook alla pagina La Fenice, il giornale dal carcere di Ivrea

Autore dell'articolo: feniceadmin