Morire dietro le sbarre per un paio di cuffiette

Yes, and how many ears must one man have
Before he can hear people cry?
Yes, and how many deaths will it take ’til he knows
That too many people have died?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind

Bob Dylan –Blowin’ in the Wind

Per tutti nella cronaca così come nel cordoglio cosiddetto istituzionale, quel ragazzo di ventidue o trentasei anni sarà semplicemente un detenuto, oppure il 72° suicidio nelle carceri Italiane. Senza identità perché da un lato la macchina giudiziaria fatica a fornire nomi e cognomi mentre le statistiche sono sempre aggiornatissime. Dall’altro lato non esiste interesse a comprendere al di là del fatto, nel senso che chi si sente in dovere di commentare tale numero, ammettendo che il problema esista, capisce che questo è di per sé sufficiente a delineare la portata di una vera emergenza. Ma non abbastanza, pare, per chi di dovere, dal momento che i governi si succedono e con essi le presunte riforme giudiziarie e carcerarie ma i problemi restano. E i carcerati anche, chiusi dietro blindati che la società civile non vuole aprire, dietro cui non vuole guardare.


Carcerati, reclusi, costretti in condizioni indegne, prigionieri e lavoratori in quel sistema.
Troppi i primi spesso per questioni di poco conto, troppo pochi i secondi.
Il sistema non funziona, questo dovrebbe essere chiaro: perché non è ammissibile che chi si trova in custodia, (chiaro? ossia lo Stato ne è responsabile) non carnefice, finisca per perdere la vita. Non è ammissibile che vadano in carcere persone anziane per reati di poco conto, che finiscano in cella giovanissimi per reati minori che lì, dietro le sbarre, troveranno certo una “SCUOLA” che li renderà delinquenti sul serio.
Quante volte questa situazione è stata raccontata? Quante volte ancora andrà raccontata? Per chi si riempie la bocca dei teoremi sulla sicurezza, giova ricordare che carceri decenti fanno parte di una società civile.
“Ovviamente”, non può mancare il parere dei sindacati, nella persona di Donato Capece, segretario generale del S.A.P.P.E. (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria). Sarebbe quello di un ripensamento complessivo della pena.
E noi detenuti sappiamo bene cosa voglia dire per il Signor Capece: il ripensamento della pena. “BUTTARE LA CHIAVE!”

Uomo Ombra

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Autore dell'articolo: feniceadmin