Vespino al Giro

Chissà cosa avrebbe detto la mia Maestra da lassù, una seconda mamma per me, guardando questo Giro d’Italia maltrattato sia dagli organizzatori che dai corridori e sottovalutato dai “Big” tanto attesi.

Lei mi trasmise la passione per il ciclismo, passione che ancora oggi condivido col mio amico Lele con cui ho vissuto e commentato più di un avvenimento sportivo … chissà appunto cosa ha detto lui conoscendo il suo piglio severo di fronte alla quasi assoluta mancanza di spettacolo che ha trascinato la carovana in queste tre settimane.

Andiamo con ordine poiché non tutto è da buttare in un’edizione che ha visto Mario Vegni (l’organizzatore delle tappe) farsi un clamoroso autogoal fissando tre crono importanti (circa 75 Km totali) una all’inizio, una in mezzo ed una  alla fine, che hanno praticamente inibito a combattere tutti i favoriti.

La prima settimana ci ha fatto scoprire il talento fatto di forza esplosiva di Milan, velocista puro, che aspettavamo dai tempi di Cipollini e Petacchi, di grande prospettiva futura, il suo bottino finale parla di una tappa vinta e quattro secondi posti che gli son valsi la maglia ciclamino.

La seconda settimana oltre al maltempo ed alla sciagurata decisione di tagliare la 13° tappa (Borgofranco d’Ivrea-Crans Montana) si può ricordare per le spettacolari fughe con un che di epico per la costante pioggia e le temperature rigide che a volte mancano al Giro, facendoci apprezzare le gesta ed il coraggio tra gli altri di Denz, Gee, Rubio, Pinot (vincitore della maglia azzurra degli scalatori) ed al campione italiano Zana, corridore quest’ultimo che se gestito bene potrà regalarci soddisfazioni nei grandi giri a tappe.

La terza e conclusiva settimana,in cui aspettavamo con ansia la battaglia sulle Alpi è trascorsa ridicolmente sempre nell’attesa della tappa successiva, tutti bloccati da radioline e paura senza mai affondare un colpo decisivo per uno scossone di classifica.

Lo dimostra il fatto che alla vigilia della cronoscalata del monte Tarvisio i distacchi erano minimi più per l’eccessivo controllo in corsa che per i veri valori sportivi e ben tre corridori si giocavano la vittoria finale … il britannico Thomas, lo sloveno Roglic ed il portoghese Almeida.

Quello che ci hanno avevano fatto vedere finora era circondato da mistero in quanto ognuno probabilmente pensava di poter prevalere nell’ultima ascesa solitaria sganciandosi dalla stretta marcatura degli avversari e delle loro squadre.

Alla fine i conti li ha fatti giusti solo Roglic che nonostante un problema di salto di catena arrivava più fresco e pimpante all’appuntamento prendendosi la maglia rosa e sgretolando tutte le certezze di un pigro Thomas, che doveva attaccarlo in maniera più cattiva nel giorno di crisi dello sloveno e di un Almeida secondo me più che appagato dalla conquista della maglia bianca e più volte al “gancio” nelle precedenti salite.

I rimpianti del britannico sono moltissimi pensando che la Ineos era di gran lunga la squadra più forte presente al Giro … rimpianti che per noi spettatori e tifosi si moltiplicano pensando alle premature uscite di scena del campione del mondo Evenepoel per Covid e di Geoghegan Hart compagno di Thomas per una bruttissima caduta.

Secondo me il belga Evenepoel seppur fortissimo non avrebbe vinto la classifica finale poiché senza una squadra all’altezza, inoltre era già caduto un paio di volte sull’asfalto scivoloso sintomo di una precaria concentrazione, mentre discorso diverso si può fare per il britannico Geoghegan Hart sicuramente più tonico del suo compagno della Ineos che con un gioco di squadra fatto di scatti alternati e grande ritmo,avrebbe portato alla disgregazione della Jumbo di Roglic obbligando quest’ultimo ad una difesa solitaria molto dispendiosa su due fronti.

Il giudizio finale quindi non può essere soddisfacente poiché il Giro merita di esser combattuto e la maglia rosa voluta fortemente dai corridori e non invece ceduta per il peso di portarla e difenderla in gruppo come successo in questa grigia, non solo per il meteo, edizione.

Segnalo infine il buono e continuo lavoro di Caruso che quasi sempre da solo tiene alto il tricolore, il pubblico colorito e caloroso come sempre, ma meno folto del solito ed uno spiegamento di forze da parte della RAI che con il suo staff nel raccontarci il Giro fa un po’ il compitino.

Spero che l’edizione del 2024 sia più frizzante, combattuta e disegnata meglio e con più criterio, cosicché io possa farne un pezzo esaltante, magari da dedicare alla mia Maestra … ed al mio amico Lele.

Vespino

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Autore dell'articolo: feniceadmin