Sono tanti anni, forse troppi che “vivo il carcere”. Le nostre galere, fortunatamente non tutte, sono inumane, scarsamente attrezzate, vecchie, mancano agenti, operatori penitenziari, mezzi e fondi, sono nuovamente sovraffollate, insomma, sono contrarie al principio di cui all’ART. 27 della nostra costituzione.
Come se non bastassero tutti questi gravissimi problemi, vi è una totale assenza anche da parte dei Magistrati di Sorveglianza, i quali potrebbero e forse dovrebbero, applicare le leggi vigenti che prevedono le concessioni delle misure alternative per le condanne inferiori, invece ci sono tanti detenuti con pene brevissime o comunque al di sotto dei due anni che non riescono ad ottenere alcun beneficio come ad esempio permessi premio, art. 21 e via dicendo … A parte i famosi 90 giorni all’anno di liberazione anticipata annuali che si ottengono solo restando “zitti e buoni”.
Soprattutto se non si è molto abbienti e non si ha a disposizione un buon difensore di fiducia.
Il carcere rappresenta un luogo che impone dei limiti innaturali, punisce, premia, considera, riconosce.
La persona in qualche modo finisce per essere addomesticata, plasmata a condurre un’esistenza innaturale che poi, di fatto, rimarrà quello che imparerà a riconoscere.
L’individuo è dipendente in tutto e per tutto da qualcun’altro all’interno della prigione: per il cibo, per muoversi, per praticare sport, per prendere una boccata d’aria. Tutto deve essere autorizzato attraverso un sistema gerarchico e burocratico, dove per altro l’umanità non trova spazio.
Questa particolare condizione a cui è sottoposta la persona, sancisce la sua totale perdita di autonomia e un tale condizionamento negativo che in seguito non consentirà di adattarsi alla vita “libera”. Sarà possibile superare questa dipendenza solo attraverso un percorso inverso, fondato sulla assunzione di responsabilità, sia da parte dei detenuti, ma in particolare dei Magistrati di Sorveglianza.
Che dire a quei Magistrati di sorveglianza che non entrano mai e non incontrano le persone detenute? Racconterei del Presidente Alessandro Margara, Magistrato di sorveglianza, tra i padri della legge GOZZINI, che ho avuto modo di conoscere e con lui lo stesso Senatore Gozzini.
Pur essendo all’epoca Presidente del Tribunale di Sorveglianza, faceva udienza settimanalmente ai detenuti.
Da allora, c’è stata certo un’evoluzione di un aumento enorme delle incombenze, però sarebbe importante mantenere almeno un po’ dello spirito originario e tenere sempre presente che la conoscenza “vis a vis” è insostituibile.
In conclusione, vi auguro buon lavoro e un buon proseguimento nella vostra opera di preziosissimo pungolo.
Uomo Ombra