“Io il carcere l’ho vissuto”: la lettera aperta di Luna Casarotti al ministro Nordio

di Sara Ramzi (abruzzosera.it, 19/7/2025)

In una lettera aperta al ministro della giustizia Carlo Nordio, l’attivista ed ex detenuta Luna Casarotti risponde alle sue affermazioni sul sovraffollamento: secondo il ministro sarebbe una “forma di controllo” sulle persone che tentano il suicidio in carcere. Ma le storie e i dati raccontano un’altra realtà: i tentativi di suicidio aumentano proprio negli istituti più affollati. In questi giorni anche l’avvocata Faiella di Sulmona aderisce allo sciopero della fame a staffetta per denunciare la situazione degli istituti detentivi

“Io il carcere l’ho vissuto. So cosa vuol dire stare in tre in una cella di 3 metri x4. So cosa significa non avere uno spazio tutto per sé, né un attimo per respirare davvero. So cosa vuol dire sopravvivere al caldo estivo, quando le celle superano i 40 gradi. Non ci sono ventilatori ( se non quelli donati da qualche volontario ) né aria condizionata. I muri sembrano bruciare. Le celle diventano forni, e si dorme per terra, sul pavimento rovente, con un asciugamano bagnato davanti al blindo, sperando arrivi un po’ d’aria”.

A raccontarlo in una lettera aperta indirizzata al ministro Carlo Nordio è Luna Casarotti, attivista dell’Associazione Yairaiha Onlus ed ex detenuta. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il Ministro della giustizia ha dichiarato che il sovraffollamento e i suicidi nelle carceri italiane non sono eventi correlati. “Anzi”, rincara la dose Nordio, “Paradossalmente il sovraffollamento è una forma di controllo: alcuni tentativi di suicidio sono stati sventati proprio dai compagni di cella”.

Eppure, sono affermazioni che non trovano alcun riscontro nella realtà. Nell’ultimo rapporto di Antigone, Senza Respiro, l’associazione che si occupa di diritti delle persone detenute dimostra esattamente il contrario: gli eventi critici sono più frequenti negli istituti più sovraffollati. La correlazione è nota tra chi conosce il carcere, ma – evidentemente – non al ministro. A smentirlo, oltre alle voci di ha vissuto il carcere sulla propria pelle o se ne occupa da tempo, sono anche i dati: “Nel 2024 sono stati almeno 91 i casi di suicidi commessi da persone private della libertà, passando così alla storia come l’anno con più suicidi in carcere di sempre, superando il record del 2022. E i suicidi crescono non solo in numero assoluto, ma anche in rapporto alle presenze”, si legge nel report. Dall’inizio del 2025 sono oltre 40 le persone che si sono tolte la vita negli istituti di detenzione.

“D’inverno è l’opposto, si gela”, prosegue Casarotti nella sua lettera aperta. “I termosifoni non funzionano, manca l’acqua calda, la casanza da una sola coperta a testa. Si dorme con tutto addosso, tremando, pregando che la notte passi. Questo lei lo chiama, con cinismo nascosto da pragmatismo, “una forma di controllo del suicidio. Certo, può capitare che una detenuta riesca a vedere il dolore dell’altra in tempo, che qualcuno intervenga. Ma non è il sovraffollamento a salvare: è la disperazione. È la vigilanza di chi soffre insieme. È l’umanità che prova a resistere. Ricordo bene una compagna salvata nel carcere della Dozza. Poi, anni dopo, ho letto che si era tolta la vita a Bollate. Si chiamava Francesca Brandoli, ed era il 25º suicidio in carcere solo nel 2025. Se qualcuno si salva, non è grazie al sovraffollamento. È nonostante il sovraffollamento. […] Nel nostro Paese si parla tanto di funzione rieducativa della pena, ma com’è possibile “rieducare” in queste condizioni? Dove non c’è niente da fare, nessuna speranza, nessuna parola. Solo silenzio, corpi ammassati, disperazione.”.

In Abruzzo ad aver perso la vita negli istituti di detenzione – tra suicidi e morte per altre cause o cause non accertate – sono 5 persone . Solo qualche giorno fa, un ragazzo di 37 anni con cittadinanza tunisina si è tolto la vita nella Casa Lavoro di Vasto, un istituto in cui persone giudicate “socialmente pericolose” vengono ulteriormente rinchiuse dopo la pena (ne abbiamo parlato qui). In questi giorni l’avvocata Alessandra Faiella, originaria di Sulmona, ha annunciato l’inizio dello sciopero della fame a staffetta: è la prima abruzzese a raccogliere il testimone, nel tentativo di provare a puntare i riflettori anche in regione sulle condizioni di vita di donne e uomini detenuti. Quella del sovraffollamento, infatti, è una crisi che va avanti da tempo e che colloca il carcere di Chieti al 10mo posto su 189 strutture in Italia. “L’iniziativa è partita alla luce di ciò che emerge dal rapporto “Senza Respiro” di Antigone”, spiega ad Abruzzo Sera l’avvocata. “Qui, quando se ne parla si sente dire “lasciamoli marcire in carcere, è quello che si meritano”… si fatica a superare la concezione punitiva del carcere. La staffetta è partita da Milano e vogliamo mettere in luce la situazione del sovraffollamento e dei suicidi. Non è tollerabile. Bisognerebbe quantomeno lavorare sul DL Giacchetti, già sarebbe una grande cosa”.

Sul Dl torna anche Casarotti, che nel suo racconto snocciola dati e spiega da quali elementi poter partire: “Può essere efficace fin da subito. Allo stesso modo, l’indulto selettivo e l’estensione delle comunità terapeutiche per chi ha problemi psichiatrici o dipendenze, strumenti previsti dalla Costituzione e già dimostratisi utili in passato. Ma per tutto questo – sottolinea – ci vuole volontà politica, coscienza civile e rispetto”.

Autore dell'articolo: feniceadmin