Il vuoto nella norma

Ivrea 20 dicembre 2019
Salve a tutti; mi chiamo Mario, ho 63 anni e mi ritrovo in prigione da quasi mille giorni.
Grazie al cielo dopo un periodo nero, sono intervenute un paio di sentenze che hanno ribaltato la situazione a tal punto che tra poco sarò di nuovo libero.
Da allora cerco di far passare il tempo che mi separa dalla libertà, più in fretta possibile.
Per questo, all’incirca un mese fa, ho chiesto di essere ammesso a la “LA FENICE”, pur non avendo alcuna intenzione di scrivere.
Iniziai presenziando ai consueti incontri del giovedì, che si tengono tra il gruppo dei redattori e Olivia di Varieventuali (la fondatrice storica della redazione): Ad un certo punto mi resi conto che quest’ultima ha fondato la redazione e continua a portarla avanti con tutte le sue forze, soltanto per dare ad ognuno degli scrittori in erba, la possibilità di far sentire la propria voce, fuori dalle mura del carcere.
Alla luce di questo, mi sono sentito in difetto, nei confronti di Olivia e di quella parte del gruppo che porta avanti il progetto, con la stessa ispirazione per cui è nato.
In considerazione di ciò, ritengo sia doveroso da parte mia, cercare di scrivere qualcosa prima di abbandonare definitivamente il carcere e la redazione.
L’argomento che intendo commentare, riguarda i cellulari (abusivi) in carcere.
Ormai nelle carceri il ritrovamento di cellulari è all’ordine del giorno.
Da una parte i detenuti che – consapevoli del rischio di incorrere in sanzioni disciplinari – con ogni stratagemma, riescono a procurarsi l’agognato cellulare.
Dall’altra gli operatori di Polizia penitenziaria che cercano di contrastare il fenomeno, mediante l’intensificazione dei controlli e delle perquisizioni generali a sorpresa.
Ad esempio quella avvenuta nel carcere di Ivrea, il pomeriggio del 29 ottobre 2019, effettuata contemporaneamente in tutte le sezioni del carcere, è stata proprio una perquisizione generale.
Quel giorno, senza alcun preavviso, intorno alle ore 14.00 a tutti i detenuti è stato imposto di recarsi in cortile, dove sono rimasti fino al termine della perquisizione.
Successivamente i giornali: “Il risveglio” e “Cronaca qui” del 31 ottobre 2019, riportavano la notizia del ritrovamento di due cellulari nel corso della perquisizione, e che il precedente caso di rinvenimento era avvenuto meno di una settimana prima.
Nel prosieguo si legge che gli accadimenti sono stati resi noti dal segretario generale Osapp, il quale, tra l’altro, ha dichiarato che tutto ciò rappresenta uno smacco alle regole primarie di una detenzione sicura, cioè quella di impedire una comunicazione indiscriminata con l’esterno.
Inoltre egli afferma di non credere al fatto che l’utenza userebbe il cellulare solo per le ulteriori comunicazioni con le persone care (attualmente i detenuti possono telefonare ogni settimana a uno dei numeri autorizzati).
Nemmeno io ci credo! E’ ovvio che chiunque abbia a disposizione un cellulare – nonostante se lo sia procurato allo scopo di poter comunicare con i propri cari – prima o poi finisca col chiamare anche quelle persone che altrimenti non si sarebbe nemmeno sognato di contattare.
Però se non ci fosse il limite dell’unica telefonata settimanale, tutto ciò non accadrebbe.
Se – come credo di aver capito dalle dichiarazioni riportate sopra – non sono le ulteriori telefonate ai propri cari a compromettere la sicurezza, tutto si risolverebbe semplicemente liberalizzando il numero delle telefonate verso i numeri autorizzati.
Oltretutto, il nostro ordinamento penitenziario già dal 1975, con l’articolo 28, ha stabilito che particolare cura deve essere dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie (Vds Ord. Pen. L. 26 luglio 1975, n. 354).
Le riforme apportate dalla suddetta Legge, furono epocali: tra le tante innovazioni, alla sua entrata in vigore, venne immediatamente liberalizzata la corrispondenza – fino a quel momento regolarizzata dalla censura interna – e si installarono per la prima volta i colloqui telefonici; agevolando le relazioni dei detenuti con i familiari, come meglio non si sarebbe potuto fare in quell’epoca.
Le nuove tecnologie consentirebbero di agevolare ulteriormente le relazioni, ciò nonostante da allora non si è fatto praticamente più nulla a tal fine.
Ciò oltre a disattendere quanto disposto dall’articolo 28 O.P., ha creato un “vuoto nella norma” che è la vera causa del fenomeno dei cellulari abusivi e di tutti i disagi che ne conseguono.
Vuoto che a quanto sembra, invece di colmare, si preferisce ignorare.
Purtroppo nelle attuali condizioni in cui si trova il nostro Governo, non credo che qualcosa possa cambiare in tempi ragionevolmente brevi.
A questo punto mentre l’assurda battaglia tra “guardie e ladri” continua inesorabilmente, non ci resta che sperare in tempi migliori.

Mario I.

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Autore dell'articolo: feniceadmin