Il pre e post giudizio

Spero di essere verso la fine della mia “breve esperienza carceraria” che mi porterà a continuare la mia pena detentiva presso un Istituto Comunitario di Recupero per la Tossicodipendenza (nel mio caso da alcol e cocaina). Tuttavia e stranamente, non sono in fremito nei confronti del countdown per la mia scarcerazione; mi ritrovo anzi molto spesso a pensare a quanto sia riuscito ad adattarmi a questo sistema penitenziario, vissuto con i miei pensieri, gesti e regole auto ed etero-imposte.
Molte cose sono cambiate, anzi e soprattutto vorrei affermare che in primis sento molto cambiato me stesso. Il sentore è buono, mi sento più equilibrato, più forte, meno sensibile agli sbalzi d’umore e più costante, anche quando attraverso delle giornate negative che (come già scritto precedentemente in altri articoli) possono sovvertire all’istante l’andamento umorale e motivazionale di noi detenuti; a tal riguardo vi ricordo che viviamo sempre in una dimensione dove tutto è amplificato, dove tutto può cambiare in un istante, sia nel bene che nel male… Questa imprevedibilità, paradossalmente mi ha abituato ad accettare ciò che viene alla giornata, ma senza mai dimenticare l’osservanza delle regole, rispettare il prossimo e non cedere alle tentazioni frustranti di sfoghi violenti, sia verbali che fisici. Rimango costantemente convinto che io sia qui e stia vivendo tutto ciò per colpa mia, ed è giusto che la mia espiazione passi attraverso la sofferenza, il pentimento ed il senso di colpa.
Finché sopraggiunge finalmente l’adattamento, direi un “adattamento funzionale”. Difatti, con questi ultimi termini intendo una condizione in cui si impara a giudicare prima sé stessi, anziché accusare gli altri o condizioni collaterali ai fatti, e ciò concerne qualsiasi tipo di situazione causa- effetto.
La capacità di adattamento funziona anche su quella della nostra facoltà di giudizio e di libero arbitrio. Dunque, un altro grande insegnamento derivante da questa mia esperienza in carcere può essere definita come una migliore capacità di giudizio, anzi di affinamento del giudizio, a discapito del tanto declamato (negativamente) pre-giudizio, che tutti noi conosciamo. Si tratta infatti di una tendenza (volontaria o involontaria) a giudicare a priori qualcosa, qualcuno, (potenzialmente tutto), senza avere abbastanza elementi a disposizione per poterlo fare accuratamente, o semplicemente senza avere il desiderio di impiegare le risorse per valutare correttamente un determinato fatto o circostanza.
Il pre-giudizio purtroppo consiste in un “neo cattivo” che appartiene atavicamente e filogeneticamente all’essere umano. Si è dimostrato che sia sul piano biologico/neuroscientifico, che cognitivo/comportamentale (nell’ambito della Psicologia), l’essere umano, posto di fronte ad una nuova esperienza, sia essa sensoriale reale o immaginaria, reagisce attraverso l’euristica, ovvero una sorta di meccanismo di comparazione tra la novità che sta esperendo e ciò che ha già vissuto in passato e che è insito nella sua memoria; chiamiamola “esperienza di vita: bei ricordi, traumi, saper fare, intuito ecc.
Questa euristica deriva dal nostro senso di adattamento nel corso dei secoli, in quanto esseri imperfetti pigri cognitivi e dal fortissimo spirito di sopravvivenza, che ci ha permesso di “evolverci” sino ai nostri giorni. I computer per esempio non possiedono pre-giudizio, poiché non sono programmati attraverso un sistema euristico (che si basa sul pregresso, sui tentativi ed errori), bensì su un sistema algoritmico: matematico a funzione binaria. Ci sarebbero da snocciolare centinaia di dati a riguardo, ma preferisco tornare sul filone principale, più pertinente alla nostra dimensione umana.
L’ intento di questo articolo è trasmettere a voi lettori che alcuni di noi detenuti, ovviamente non tutti, riescono, forse anche involontariamente, a stringere forti legami di solidarietà, di benevolenza, di amicizia nei confronti di altri detenuti, basandosi sul giudizio meramente inteso o da me inventato col termine “post-giudizio” (quello che sopraggiunge una volta scoperto il reato per il quale il nostro compagno di cella o interlocutore è recluso in questo carcere ed in questa sezione).
Dal mio punto di vista siamo tutti esattamente uguali, Esseri Umani che hanno commesso errori e stanno pagando, proporzionalmente alla gravità degli stessi, e personalmente aggiungo che “giudico”, ovvero baso le mie simpatie, desiderio di interloquire o di instaurare rapporti umani con chi mi è più affine o simpatico, chi è più empatico, chi più mi va a genio… Non mi interessa nemmeno sapere il crimine o i crimini che hanno commesso o da quanto sono qui o ulteriormente quante volte sono entrati o usciti di galera.
Sto scoprendo con stupore che davvero molte volte l’abito non fa il monaco e non posso permettermi di pre-giudicare una persona che potenzialmente potrebbe trasmettermi del bene ed io fare altrettanto, solamente perché qualche tempo fa, per sue motivazioni razionali o irrazionali che siano, abbia commesso ciò che ha commesso. Mi astraggo dal suo passato, anzi mi interessa davvero poco e relativamente (se non su sua richiesta di volerlo ascoltare) e mi concentro semplicemente su ciò che viviamo in questa bolla di vetro, nel nostro presente, nella nostra dimensione spazio-temporale della galera. Ho dunque riscoperto molto profondamente me stesso, trovato persone sgradevoli e le ho evitate, scoperto persone piacevoli con le quali ho intrapreso dei rapporti sinceri d’affetto reciproci che si sono dimostrati e si stanno sempre più affermando come vere amicizie.
Forse vi sembrerà una bugia, ma non è affatto così …
Credo proprio che durante il bellissimo momento (raccontato da tanti che purtroppo l’hanno vissuto più volte) in cui andrò via da qui, ai forti abbracci ed agli scambi di contatti per il futuro, seguiranno sicuramente delle mie lacrime di dispiacere e certi volti rimarranno impressi nella mia mente, ognuno col suo nome, con il suo carattere, con i suoi consigli che mi porterò per sempre nel cuore.
Concordo con il mio caro amico Michelangelo (Uomo Ombra): E’ proprio vero che… SOLO DIO CI PUO’ GIUDICARE.

Diego T.

Per contattare la Redazione La Fenice o commentare l’articolo scrivi a   [email protected] oppure accedi a Facebook alla pagina la fenice – il giornale dal carcere di ivrea

Autore dell'articolo: feniceadmin