Il bambino che c’è in noi

Ieri sera sorridevo mentre guardavo il mio ginocchio un po’ gonfio e sbucciato. Io ho sempre giocato a calcio, anche a livello agonistico praticamente in tutti i ruoli (difensore all’inizio, centrocampista poi ed infine attaccante).

Qui ad Ivrea c’è un grande e bellissimo campo verde con suggestivo panorama sulle Alpi dove nelle calde
stagioni due volte a settimana ci sfidiamo tra detenuti ed in quei pomeriggi non mi sembra nemmeno
d’esser in carcere.
Ieri appunto, ho avuto la brillante idea di stare in porta e questo non lo facevo da anni, da quando ero
piccolo…scarpe rotte oggi come allora. Mi son buttato a destra e sinistra su ogni pallone ed i miei compagni di sezione non si son certo risparmiati, han calciato da tutte le parti, da lontano e da vicino, mischie in area e colpi di testa, uno m’ha persino scavalcato al volo quasi calpestandomi per segnare un goal!
Alla fine son dovuto uscire poiché mi son fatto male al ginocchio, come accennavo prima, ma mi son
divertito tantissimo, stanco e felice con dolori dappertutto mi son sentito vivo pieno d’eccitazione
quasi come se avessi passato la notte con una bella ragazza!
Sinceramente penso d’esser afflitto da una sorta di “sindrome di Peter Pan” che tra tutte mi sembra la
“malattia” migliore possibile… scherzi a parte, posso dire che la mia professione d’insegnante (asilo
ed elementari, centri estivi) mi ha aiutato molto a restare giovane di spirito, anche perché non devi
solo imporre un’educazione costruttiva, ma coi bimbi si deve soprattutto dialogare e quindi bisogna
continuamente aggiornarsi sui loro interessi…cartoni animati, fumetti, giochi che siano.
Non facevo molta fatica in questo senso, stare coi bambini ti matura e responsabilizza, è un investimento più che un dovere, dove i frutti si raccolgono dopo anni, ma l’affetto che loro ti rimandano anche dopo tanto tempo è impagabile.
Diversamente nel tempo libero ho sempre cercato di frequentare ragazzi più grandi di me perché
ritenevo che m’insegnassero qualcosa nel loro modo di fare, una sorta di scuola di vita ed ora vista la
mia età per sentirmi ancora giovane son costretto a giocare a carte col gruppetto di “anziani” più
arzilli della sezione!
Inoltre ho avuto uno sviluppo fisico tardivo (fino ai 16 anni ero il più piccolo e magro della classe) ed
ora guardandomi allo specchio non vedo altro che quel bimbetto spettinato con l’argento vivo addosso, totalmente l’opposto di quel che sono adesso…visto che dopo tantissimo sport e buona cucina son diventato 1,80m per quasi cento chili di ”morbidezza”, ma nonostante ciò non mi astengo di certo nel buttarmi nella mischia al campetto o a giocare una partita a ping-pong o ad accettare una sfida a calcio balilla.
Alimentare il bambino che vive in me è di vitale importanza, mi riempie d’entusiasmo e mi fa capire
meglio l’uomo che sono ora partendo proprio da lì, dalla mia infanzia.
Questo pensiero lo allargo e condivido con tutte le persone che vogliono allenarsi in questo modo,
facendo un particolare esercizio mentale che non dimentichi la fanciullezza di ognuno.
Segreti per vivere bene ce ne sono tanti, anche in galera, l’autoironia per non prendersi troppo sul
serio, la serenità di non invidiare gli altri, ma soprattutto non spersonalizzarsi rimanendo se stessi
ascoltando quel che ti dice il giovinetto che è dentro di noi.
La vita ti presenta sempre il conto da pagare e quando ti ritrovi recluso hai tanto tempo per riflettere su questo. Per noi che abbiamo subito udienze e processi, ammanettati dalle guardie, accusati da P.M. severi e poi condannati, la domanda giusta da farsi per capire il percorso personale è “se il bambino che ero ieri incontrasse l’uomo che sono oggi, cosa direbbe?”

Ecco, se si è capaci di vera sincerità morale con sé stessi, Lui è l’unico Giudice che dovremmo ascoltare.

Vespino

Per contattare la Redazione La Fenice o commentare l’articolo scrivi a  [email protected] oppure accedi a Facebook alla pagina “La Fenice – Il giornale dal carcere di Ivrea”

Autore dell'articolo: feniceadmin