Lasciate ogni speranza voi che entrate

ORE 14.00 DEL 30/03/2022: VENGO ARRESTATO DALLA TENENZA DEI CARABINIERI DI CIRIE’.
ORE 20.00 SEMPRE DELLO STESSO GIORNO: VENGO TRASFERITO ALLA TENENZA-RADIOMOBILE DI VENARIA PER SEGNALAZIONE, IDENTIFICAZIONE DI VISO, PALMI ED IMPRONTE.
ORE 01.35 DEL 31/03/2022: VENGO DEPOSITATO NEL CARCERE DI IVREA.
Entrato in carcere vengo portato nel magazzino velocemente, ove vengo spogliato dei miei pochi beni, anelli, lacci delle scarpe, cappellino, giubbotto invernale ma che purtroppo è imbottito (non possono passare giacche imbottite proprio per via della loro imbottitura), successivamente vengo portato in sorveglianza, dove mi vengono fatte delle domande mirate e precise, sia sulla mia vita, gli studi effettuati, il lavoro che svolgevo, gli hobby, il lavoro dei miei genitori, le patologie di cui soffro, malattie pregresse e preferenze sul dove essere poi successivamente collocato nei quattro differenti piani carcerari.
L’angoscia mi pervade, e dentro me, penso; “Chissà dove finirò!”.

Spogliato praticamente dei miei beni, mi viene dato un lenzuolo, una coperta, un copri federa ed una federa per il cuscino, (ovviamente materasso e cuscino sono in spugna.) ed un set composto da: piatto, bicchiere e posate, tutto in plastica, per poi essere messo direttamente e frettolosamente nella cella numero 1 delle “transitorie”.
È da due mesi e qualche giorno che sono in carcere, ho quasi 27 anni, prima carcerazione. È una sensazione strana essere detenuti per la prima volta, ci si ritrova terrorizzati, spaesati, arrabbiati ma soprattutto tristi, come se il mondo che conoscevi, ti avesse abbandonato per sempre… tanto più, immaginate, per una persona come me che soffre di spesso di depressione.
Inizialmente sono stato trattenuto dieci giorni al piano terra nella sezione “transitoria” alla cella numero 1, per via dell’isolamento preventivo per il Covid, di norma sono 5 giorni per i vaccinati ma nel mio caso dieci giorni poiché non sono stato mai vaccinato.
Sono stati dieci giorni lunghi, intensi, duri, vuoti e depressivi, non avevo nemmeno le chiamate a mia madre concesse dal giudice, né la tessera telefonica per effettuare chiamate all’avvocato ed ovviamente nessuno poteva chiamare me… nessun colloquio possibile e nessun mezzo per contattare i propri cari, nemmeno la propria madre.
Ero abbandonato a me stesso, mi sentivo completamente SOLO, abbandonato a me stesso, escluso dal mondo… una nullità.
Ho avuto delle crisi, crisi depressive, pianti, ma che gli assistenti prendevano sotto gamba, anche se io, con la mia patologia vivevo come crisi struggenti dentro me.
Non conoscevo i ritmi del carcere, colazione alle 08.00, che consiste in breve in latte in polvere mischiato ad acqua e del caffè all’Americana, da mangiare nulla.
Verso le 9.15 viene data la terapia, nel mio caso un antidepressivo o più precisamente uno stabilizzatore dell’umore ed insieme un ansiolitico.
Alle 11.30 passa il carrello del pranzo, un mix di insalata fredda, pasta scotta, e magari qualche pezzo di formaggio di ambigua origine.
Nulla … preferisco cibarmi delle tre pagnotte che vengono date giornalmente e qualche mela che passa il carrello.
Dalle 11.40, ora circa della fine “pranzo”, se così vogliamo chiamarlo, il nulla più totale… poiché le celle transitorie non hanno l’apertura dei blindi per poter passeggiare per i corridoi, sono solo quattro e non c’è nessun tipo di apertura, se non per mezz’ora d’aria in un terrazzino di 15 metri per 7, con visuale sul deposito della spazzatura del penitenziario.
Alle ore 15.15 all’incirca, arriva la seconda manche della terapia, l’unica cosa che cerca di tenerti un po’ su di morale… i pensieri sono tanti, intensi, profondi e struggenti… ma l’unico modo per affrontare il carcere è farsi forza, TANTA FORZA.
Ci sono assistenti più o meno disponibili, ed assistenti proprio indisponenti, che ti trattano in malo modo, quasi frustrati dal loro stesso lavoro e che sfogano la propria frustrazione sui detenuti, anche quelli che si pongono educatamente nei loro confronti… assurdo!
Anche se sono un detenuto, sono sempre una persona, e come tale dovrei essere trattata, ma purtroppo non è così… tanti, qui, fanno di tutta l’erba un fascio e non va bene.
Alle 17.30 arriva la “cena” composta sempre da pietanze soltanto parzialmente edibili, insomma, se si vogliono evitare problemi intestinali è meglio evitare i carrelli il più possibile.
Per il resto del tempo, l’unica cosa da fare alla fine della fiera è guardare la TV ed alternarsi al dormire, dato che null’altro da fare è concesso.
Ore 20.15 passa la terapia della sera.
Meno male che avevo 20 € nel portafoglio all’ingresso nel carcere, che successivamente mi servirono per farmi anticipare due pacchi di tabacco da uno spesino del primo piano, ma questo avvenne gli ultimi due giorni che stetti nelle celle transitorie, poiché mi dovevano creare un “libretto” sulla quale caricare il denaro, libretto che tutt’ora uso per fare la spesa.
Immaginate una persona che soffre di un disturbo depressivo come il mio, di cui a nessuno importa fondamentalmente qui, che non riesce a stare per molto sotto stress, che si sente solo, abbandonato e depresso… immaginate quale forza dovetti impiegare… e che fuma tendenzialmente 20 sigarette al giorno.., a ritrovarsi senza nemmeno un’oncia di tabacco.
Chiamando RIPETUTAMENTE gli assistenti, si riuscivano ad ottenere un poco di tabacco sfuso, magari senza cartine e figuriamoci i filtri!
Il giusto per fumarsi 3-4 sigarette al giorno, ovviamente con le cartine composte dalle domandine ministeriali ed i filtri pure…
questo è stato il mio vissuto riguardante il “primo ingresso in carcere”.

Alessandro M.

Autore dell'articolo: feniceadmin