Chi non si omologa è spesso vittima della violenza del branco
Uno dei temi di attualità nella nostra società, sotto la lente di ingrandimento dei mass-media, è il bullismo.
E’ un fenomeno sempre esistito ma di cui si è parlato assai poco in passato.
Ora è spesso al centro di varie inchieste giornalistiche, soprattutto a seguito di numerosi casi di suicidio tra i giovani.
Chi non si omologa al gruppo dei ragazzi più in vista, chi ha atteggiamenti diversi, chi è più sensibile e con un temperamento mite, improntato alla riflessione, magari timido ed introverso, viene spesso preso di mira dal cosiddetto “branco”.
Appartenendo alla sopra citata categoria di ragazzi, sono stato spesso bersaglio dei soprusi e delle angherie di molti, specialmente durante il mio corso di studi; alle elementari dapprima, passando per le medie e le scuole superiori poi.
Nella società moderna, dove il modello di persona vincente che viene proposto segue certi canoni (estroversione, parlantina, solarità, carisma spiccato, loquacità, forte carattere, rapidità di azione e di pensiero), chi non è conforme ai dettami viene spesso bollato come diverso, inadatto, e ben presto finisce per essere emarginato e subire veri e propri atti di bullismo.
I caratteri più deboli, o più semplicemente diversi, vengono derisi e colpiti da varie forme di violenza, il più delle volte psicologica, altre volte fisica.
Ricordo di un caso che mi ha colpito su cui mi ero informato poco prima di entrare qui…
Parlava di un ragazzo giovanissimo della provincia torinese, di circa 16 anni, con il sogno di diventare un famoso youtuber.
Girava alcuni video che poi pubblicava sulla nota piattaforma multimediale.
Aveva tentato il suicidio ben sei volte, fortunatamente senza successo, ma la settima volta gli è stata fatale.
Un ragazzo come tanti, sembrava solare stando ai video da lui postati; li avevo visti ed avevo anche lasciato un commento di addio postumo…
La tematica del suicidio mi è vicina, avendo io tentato in passato…
Ero rimasto stupito dall’incredibile numero di tentativi, dalla così giovane età, dal fatto che nessuno, evidentemente, avesse prestato ascolto a lui ed al suo vissuto, alle sue problematiche, di come anche i genitori siano stati impotenti di fronte al suo dolore; oltre a ciò i contenuti da lui postati erano allegri, spensierati, come dovrebbe essere qualsiasi cosa riguardante la vita di un sedicenne.
Egli veniva deriso dai compagni di scuola, di ciò ne soffriva, finchè non ce l’ha più fatta.
Una giovane vita spezzata.
Pur non arrivando quasi mai a queste tragiche conseguenze, gli atti di bullismo spesso lasciano cicatrici indelebili negli animi delle persone che li subiscono, poiché vengono colpiti nel profondo individui già di per se fragili e dalla spiccata sensibilità durante gli anni fondamentali dell’infanzia e dell’adolescenza, quando il carattere e la psiche sono in via di formazione, quando si ha bisogno di sentirsi accettati e parte di qualcosa. Quando vengono buttate le fondamenta per diventare in futuro parte integrante e sana della società.
Spesso le problematiche, già latenti, di queste persone vengono acuite ed il dolore patito genererà in loro disagi profondi che mai si rimargineranno del tutto.
Per citare un noto scrittore: “Chi ha conosciuto la tortura, rimane torturato” (citato da Primo Levi, I Sommersi e i Salvati).
Posso parlare solo per quanto mi riguarda, ma il mio pensiero, forse, potrà essere d’aiuto anche ad altri.
Credo che mi sarebbe bastato un punto di riferimento, una persona con cui confidarmi e aprirmi, qualcuno che mi consigliasse su cosa fosse meglio fare e come affrontare il problema quando si fosse presentato.
Un genitore, un parente, una figura professionale magari, una psicologa o una sorta di tutor.
E’ difficile però perforare la corazza di questi ragazzi, spesso si vergognano, si danno tutta la colpa di ciò che gli accade e faticano a confidarsi con chicchessia.
Alle volte anche un confronto tra i cosiddetti “bulli” ed il “bullizzato” può portare a qualche risultato, si spera positivo.
In definitiva la piaga del bullismo è un fenomeno assai difficile da debellare; bisognerebbe partire dalle famiglie in primis, dall’educazione che impartiscono ai propri figli, e passare da una più alta attenzione nelle scuole e, più in generale, nella società.
Una ricetta sicura non c’è, ma se ognuno nel proprio piccolo cercasse di mettersi nei panni altrui, utilizzando un po’ di empatia, molto probabilmente le cose andrebbero assai meglio.
Riccardo N.
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