Per la prima volta in carcere

Credo fosse più o meno mezzanotte quando fui portato dalla volante in questo istituto, il primo impatto fu straziante, mura ovunque, inferiate ad ogni finestra, luci provenire dalle celle già abitate da altri detenuti …
Sentivo dentro di me che fosse giusto esser li, perché giustamente dovevo pagare, avevo commesso un crimine, ma la tristezza mi avvolgeva, sconforto, mancanza dei familiari, mancanza del verde, di volti amici ed una paura folle pensando a cosa mi sarebbe potuto succedere di lì a breve.
Entrato all’interno, controllarono i miei effetti personali, mi controllarono con metal detector e fui successivamente visitato dal medico di turno, per accertarsi del mio stato di salute (completamente disorientato), mi diedero una coperta e fui portato nella mia cella mentre tremavo all’idea di passare una vita rinchiuso ed il mio pensiero volava alle persone che amavo, pensando a quanto dolore gli avessi arrecato.

Poco dopo, gentilmente mi fecero fare una doccia calda, dato che non dormivo da due giorni ed ero distrutto … Appena uscito dalla doccia mi si avvicinò un agente, (qui si chiamano assistenti, scoprii poco tempo dopo) mi rassicurò e mi disse di riposarmi poiché capiva il mio stato d’animo ed era li per la mia sicurezza, in lontananza sentì un “ehi fratello”, detto da un ragazzo di molto più giovane di me, ma con anni di esperienza di questo tipo alle spalle; non so perché però mi rincuorò e mi fece tremare allo stesso tempo, poi mi misi a dormire tra le lacrime, aiutato dalle decine di gocce di tranquillanti che mi erano state date poco prima dal medico.
Il giorno seguente, realizzai appieno dove mi trovavo …. Recluso in un edificio penitenziario che avevo sempre visto dall’esterno e che mi aveva sempre dato un forte senso di tristezza e paura visto dall’esterno.
Ora mi trovavo li dentro e non sapevo, come ancora ora non so, se mai ne fossi uscito e se si, dopo quanti decenni …
La prima giornata trascorse tra lacrime, visite dalla psicologa, dalla psichiatra, dal medico e dall’ispettrice, qualche parola con gli assistenti ed a sorpresa la solidarietà degli altri detenuti, mostrata con strette di mano, presentazioni, qualche battuta per tirare su il mio morale, caffè ed a sorpresa a cena un piatto di pasta così buono che mi fece piangere perché ricordava quello che mi facevano mia madre e la mia compagna; sentì un forte senso di unità, dicevano che qui eravamo una famiglia ed ora purtroppo ne ero entrato a far parte anche io ….
I giorni seguenti trascorsero tra alti e bassi, momenti di completo sconforto con pianti a dirotto, seguiti da ore di allenamento per tentar di sfogare il dolore che provavo, la vergogna e tutti i sentimenti che sentivo dentro.

So solo una cosa, è stata l’esperienza fino ad ora più dura della mia vita, ne ho passate tante in trent’anni di vita ma mai nulla di cosi impattante ed emotivamente distruttivo; devo dir grazie solamente alla mia famiglia ed alla mia compagna se non sono crollato completamente.
Ora, dopo quasi tre mesi di reclusione, sto cercando di ricomporre i cocci del mio essere, tentando faticosamente di districarmi all’interno di questa realtà, cercando sempre e comunque di esser giusto con tutti, educato e rispettoso come mi era stato insegnato dai miei genitori.
Spero che la mia reclusione sia giusta, serena e spero di uscirne un giorno, non so ancora quando, ma migliorato, consapevole di cosa ho fatto e speranzoso nel trovar ancora al mio fianco la mia amata Annalisa ed i miei famigliari ……

D.

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Autore dell'articolo: feniceadmin