Riflessioni notturne
Una pacca sui polmoni e un pianto disperato così inizia la nostra esistenza terrena, dopo nove mesi di
relativa tranquillità all’interno del grembo materno, immersi nel liquido amniotico che rende ovattato tutto ciò che proviene dall’esterno, un limbo preparatorio per tutto quello che al traumatico risveglio alla vita saremo volenti o nolenti costretti ad affrontare, sperimentare, decidere ed accettare.
La prima scommessa che indirizzerà la nostra vita spesso in modo permanente, è il luogo dove nasciamo, in che tipo di famiglia o ambiente, a quale etnia apparteniamo, una scommessa insondabile come la biglia della roulette che fino all’ultimo non si sa dove andrà a posarsi… rosso o nero il destino fa la sua crudele scommessa, e noi tutti almeno inizialmente siamo inermi spettatori.
Crescendo ci insegneranno delle cose, apprenderemo cos’è il bene e il male, dove e come possiamo
migliorarci, o rendere volontariamente la nostra vita un inferno (il cosiddetto libero arbitrio); sempre che non ci abbia già pensato il destino, o qualcuno che invece di prendersi cura di noi in maniera propositiva, ci immerge in situazioni deplorevoli, allora il nostro cammino già in salita per natura diventa un’impervia e ardua scalata verso la vetta dell’indipendenza materiale e morale.
Nonostante tutti i se e tutti i ma, in men che non si dica sei già un adulto, e in tutto quel tragitto hai già
dovuto sopportare o subire dolori inenarrabili, amori travolgenti, amori da dimenticare, amicizie da libro cuore, o taglienti come la lama che Bruto utilizzò per colpire alle spalle il grande Giulio Cesare suo padre adottivo.
Il rammarico per occasioni perse, per l’ira che in taluni momenti ha sopraffatto la ragione facendoti
commettere azioni o proferir parole di cui non si possono cancellare le cicatrici, nonostante possibili ma non scontati perdoni, da parte di chi ha subito direttamente o indirettamente le nostre malevoli azioni.
Dicono che la vita è bella nonostante tutto, forse grazie al fatto che ci alziamo e ricadiamo continuamente, se la stessa fosse solo gioia probabilmente sarebbe terribilmente noiosa, la gioia senza il dolore non sarebbe così pregnante quando l’assapori, la vittoria non farebbe crescere in noi quel senso di autostima e di orgoglio senza l’onta di una sconfitta, la pienezza ed il calore di una presenza nella propria vita non sarebbe così significativa se non sperimentassimo momenti di solitudine, abituati a tutto siamo consapevoli di noi e di ciò che ci circonda solo quando non abbiamo più niente.
Tutti noi siamo stati consolati o consolatori in situazioni delicate, ognuno esprime la propria solidarietà
come meglio crede, un abbraccio avvolgente, una stretta di mano forte e decisa, un’espressione
compassionevole accompagnata da un silenzio complice, oppure da frasi di circostanza spesso stucchevoli e prive di autenticità, imposte da un protocollo culturale che varia insieme alla società, mutevole e veloce come le stagioni.
Ognuno propone una ricetta sul saper vivere, sono tutti master chef quando si tratta di comporre il menù
della vita altrui, salvo diventare giganti dai piedi d’argilla quando si tratta di resistere alle intemperie della
propria esistenza, e quelle certezze dispensate con disarmante generosità verso i dolori altrui, non leniscono e non risolvono i propri disagi.
L’antica saggezza dei nostri vecchi, da sempre ha proposto una visione della vita un po’ disincantata al
limite dell’ironia, una sorta di leggerezza esistenziale, che non è da confondere con la superficialità, o con
l’arrogante presunzione di chi crede che bisogna prendere tutto di petto per sfondare costi quel che costi i muri che sul cammino della vita una tantum incontriamo.
L’esistenza è un cammino, se ti fissi sulla meta probabilmente sarà come la vetta della più alta montagna
irraggiungibile: se invece la percorri misurando talvolta i passi, alternandoli ad un passo deciso e fermo, senza preoccuparti se nel frattempo ti dovrai fermare a prendere fiato e ragionare, ben sapendo che la vetta non fugge, era lì prima di te e lo sarà anche dopo, ti accorgerai strada facendo che tutto si restringe ad una questione di prospettiva, e ti ritroverai alla meta nonostante le innumerevoli cadute, le barcollanti rialzate, gli incendi che hanno devastato la tua anima e come L’ARABA FENICE risorgerai dalle tue ceneri!
L’anonimo toscano