Quest’oggi vi vogliamo parlare della Vera, con la “V” maiuscola, realtà Carceraria in cui ogni detenuto è costretto a vivere o per meglio dire “sopravvivere” ogni singolo istante delle sue giornate.
Ognuno di noi, costretto per punizione (condanna) a trascorrere, chi un breve lasso di tempo o chi
l’interezza della sua vita per un errore o scelta sbagliata, è costretto a dover sottostare a regole inumane, tipo: distacco forzato dall’affettività degli affetti familiari; privazione dell’intimità con la persona amata; privazione di una corretta assistenza sanitaria; privazione dell’intimità personale data dall’obbligatorietà di convivenza forzata – sovraffollamento – con altri individui; depersonalizzazione dell’individuo a causa dell’obbligo di uniformazione, da cui spesso nascono discussioni e litigi tra compagni di cella. Tutto ciò, protratto per lungo tempo eradica il vero e proprio Essere di un essere umano.
Le celle in cui siamo rinchiusi, non soddisfano gli standard minimi come espressamente detto e
ribadito più volte dalla Corte di Strasburgo; sono ormai anni che lo Stato italiano preferisce (chissà per quale ignoto motivo) pagare multe miliardarie inferte da detta Corte anziché mettere a norma le carceri: fatiscenti, detenuti stipati, celle prive di acqua calda, umide, presenza di muffe, infissi delle finestre dalle quali entrano pioggia e vento, grate alle finestre ed oltre quelle, dato di fatto non da poco un’altra griglia più esterna composta da fori di 1 centimetro quadro (da anni catalogate come incostituzionali e dichiarate fuori legge), che rovinano la vista e molto spesso obbligano dietro richiesta del detenuto una visita oculistica dai tempi biblici ed impediscono una ventilazione adeguata, che in estate rendono la cella un forno quasi letterale; la mancanza di bidet; in inverno i termosifoni affissi nelle celle vengono regolati al minimo del rendimento.
Basti pensare che come spazio vitale, due persone non possono stare in piedi contemporaneamente
senza scontrarsi a causa dello spazio mancante poiché nonostante la legge dica espressamente che
ogni detenuto deve avere lo spazio calpestabile Come da D.L. del 26 giugno 2014 n° 92, il quale
prevede un minimo di mtq2 pari a 3 calpestabili, come si evince dalla Suprema Corte di Cassazione e dall’art. 3 della CEDU 08-01.2013 Torregiani, e dalla Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali. Tali dispongono che nei metri fruibili calpestabili devono essere esclusi tutti i mobili o oggetti fissi a terra o a muro: mobili, armadietti, tavoli, letti, lavandini, wc, caloriferi, porte, essendo tali oggetti o arredi non movibili.
Considerando che in tale spazio sono affissi alle pareti armadietti profondi 60 centimetri e larghi 90
centimetri; due scrittoi larghi 60 centimetri e profondi 55 centimetri; un tavolino mobile di un metro per 50 centimetri, un lavandino di 55 centimetri di profondità; letti a castello di un metro per 2 metri. Sono celle progettate per un solo individuo ma che in realtà ne contengono due.
A detta della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, tutto ciò è anticostituzionale.
Questo istituto porta come capienza massima 190 detenuti, allo stato dei fatti, stipati come sardine
siamo attualmente 280.
Tutto ciò e quanto segue non è certo colpa dell’Amministrazione Penitenziaria, poiché oltre alla
carenza di un personale, quasi sempre, se non sempre, obbligato a fare turni di lavoro estenuanti e
stressanti, subisce spesso offese ed aggressioni da parte di certi individui.
A causa della mancanza di psicologi, psichiatri ed educatori, (causa sovraffollamento e budget a
disposizione dei sopra elencati) non viene attuato come da decreto legge il trattamento individuale,
di conseguenza, un detenuto, nei momenti più disparati, tipo telefonate (della durata di minuti dieci)
non adeguate a mantenere vivi i rapporti con la famiglia ed i propri cari, reagisce male.
Capita, come spesso è accaduto, che un detenuto, disgraziatamente riceva una brutta notizia: decesso
in famiglia, familiari ricoverati in ospedale, il non sentire con una certa frequenza i propri bambini,
la mancanza di una telefonata in più, non può in quei tristi frangenti, vuoi magari perché ha finito le
telefonate e non può più contattare i propri cari per avere notizie del loro stato salutare, né far
riferimento nell’immediatezza ad un colloquio con uno psicologo, criminologo, educatrice e quindi
non trovando supporto emotivo, non fa altro che ricorrere sempre più a psicofarmaci per sfuggire
alla triste realtà in cui si trova.
Tutto ciò comporta ad un carattere debole di andare in escandescenza, depressione, disperazione
oltre che sentirsi del tutto abbandonato a sé stesso e come purtroppo spesso è accaduto ed accade
tuttora, presi dalla disperazione per quanto esposto, molti ricorrono all’autolesionismo mentre altri,
come purtroppo è già capitato e capita ricorrono nel tentativo disperato, al suicidio come unica via
di uscita.
Come “legge di compensazione” per non tenere chiusi e stipati nelle piccole celle, si ha un po’ più
di “libertà” frequentando corsi di formazione professionale, scuole medie e di alfabetizzazione e di
poter usufruire del campo da pallone, palestra ed avere la cella aperta affacciata su un lungo
corridoio, ma non sempre questo basta, perché il dolore, la sofferenza reale è data dalla mancanza
dei propri cari, dall’impossibilità di sentire la loro voce o di accarezzare il loro viso, il sentire sulla
propria pelle il calore delle loro mani o vedere il sorriso di una madre che ti ama o di un padre
ormai anziano che nonostante i suoi problemi di salute fa di tutto per venire a quei pochi colloqui
permessi per stringere a sé il proprio figlio. Questo manca, l’umanità, la semplice e per qualcuno
scontata umanità.
Sotto il profilo affettivo basterebbe essere un po’ più elastici concedendo qualche colloquio in più
per meglio consolidare e rafforzare sempre più gli affetti. Se lo Stato, o alcuni politici toccassero
con mano questa triste realtà, sicuramente sarebbero più propensi sotto il profilo umano a concedere
più colloqui con i propri cari, e anche qualche ora in più non guasterebbe e gioverebbe non poco sul
piano emotivo e psichico sia del detenuto che degli stessi familiari.
Facciamo a meno, anzi facciamo solo un piccolo accenno per ciò che riguarda il cibo che ci viene
somministrato: scarsa qualità e quantità.
La A.S.L. TO 4 non fornisce sufficienti farmaci per il fabbisogno di tutti i detenuti ristretti in questo
istituto (causa sovraffollamento) e lo dimostra il dato di fatto che spesso e volentieri medici, infermieri e detenuti se ne lamentano; basti pensare che gli infermieri di propria tasca sono costretti ad acquistare bicchierini usa e getta per la somministrazione delle terapie; senza poi parlare delle visite specialistiche, le quali hanno tempi biblici, tempi che non fanno che aggravare lo stato di salute del detenuto comportando anche disagi psichici a causa del dolore talvolta lancinante che non viene in alcun modo alleviato se non con i “miracolosi” brufen, voltaren e tachipirina che tutto guariscono.
Vorremmo ricordare a tutti coloro che leggeranno questo articolo, che noi detenuti, anche se ristretti
per aver commesso degli sbagli, siamo pur sempre degli esseri umani come tutti voi, con sentimenti
ed emozioni e nonostante l’immaginario collettivo ci descriva come dei “brutti”, “sporchi” e “cattivi”, siamo figli, padri, mariti e viviamo nell’oscurità.
Il recluso, per legge, quando subisce la sentenza di punizione da scontare, vuol dire che per tot anni
deve essere chiuso nelle celle delle carceri, ma non anche privo dei suoi diritti più elementari che
per natura appartengono all’uomo.
Facciamo altresì presente che pur essendo detenuti facciamo pur sempre parte della Comunità.
Ci teniamo a sottolineare che tutto ciò non è per volere o colpa dell’Amministrazione Penitenziaria,
ma da Roma lo Stato non fornisce fondi sufficienti ad apportare delle migliorie, ma si preferisce
invece volgere lo sguardo altrove, aggravando sempre più la situazione ormai già insostenibile.
A quattro mani L’istituzionalizzato e D.G.O.