Era già da un po’
in questo carnaio umano8
che tenevo d’occhio un ragazzo:
per diversi mesi
lo vedevo, mentre passeggiava nel corridoio,
piangere calde lacrime amare
in preda a disperazione.
Su 18 mesi soltanto 4 sedute
con psicologi come supporto psicologico: mai gli stessi,
ed ogni volta, ricominciare il tutto da capo.
Era un ragazzo giovane, incensurato,
mai stato in carcere, senza precedenti penali:
ha sempre lavorato per provvedere ai sui genitori
e studiava.
L’impatto con l’entrata in carcere
fu per lui devastante:
accusato di omicidio
nonostante innocente ed estraneo ai fatti
e tutte le prove a favore suo.
Quando lo vedevo piangere
in stato di depressione e disperazione,
con tatto mi avvicinavo a lui
e con la scusa di berci un caffè insieme,
gli davo da parlare: lo facevo sfogare;
a volte, con occhi lucidi mi diceva:
<<sei tu. che mi fai da psicologo>>.
Ce la misi tutta come un padre
per farlo distogliere da cattivi pensieri:
suicidio.
Finché un giorno,
camminando in corridoio
diedi uno sguardo dentro la sua cella
e lo vidi lì seduto sullo sgabello
davanti alla televisione
completamente assente:
aveva lo sguardo fisso nel vuoto e gli occhi lucidi.
Entrai con la scusa del caffè
e lì mi resi conto che da lì a poco
avrebbe potuto commettere qualcosa di irreparabile:
voleva suicidarsi.
Glielo lessi negli occhi.
Lo lasciai “tranquillo”
per pochi minuti e senza dirgli niente, a sua insaputa,
andai da un Agente –un suo omonimo-
e dissi:
<<il ragazzo passa in cella con me >>
e spiegai le cose a grosso modo.
Lo presi sotto la mia ala
e da quel giorno lo vidi rifiorire:
cominciai a vederlo sorridere,
parlare e dialogare.
Piano piano, senza forzare la mano,
anche se ogni tanto gli davo delle scrollate per spronarlo a riprendersi e reagire,
poco a poco
gli feci riacquistare la fiducia e dignità in se stesso
che ormai aveva perso,
gli spiegai un po’ il funzionamento del carcere;
gli insegnai come fronteggiare qualsiasi situazione.
Gli insegnai altresì a leggere i tesi di legge
e di giurisprudenza e a interpretarle
e gli parlavo della giustizia degli uomini…
Quasi ogni sera e giorno
affrontavamo diversi e svariai argomenti,
trovandoci sempre concordi e con le stesse conclusioni.
Oggi quel giovane ragazzo
non è più quel pulcino spaventato, incerto, sfiduciato
e disperato.
È diventato un leone:
pronto a lottare e combattere con orgoglio,
dignità e fierezza per la sua innocenza.
Non teme nessuno
e nessuno osa
sfidarlo:
ha capito e compreso
le regole non scritte
della giungla del carcere,
ma sopra ogni cosa,
non pensa più al suicidio.
Voglio un gran bene a questo ragazzo,
mi ci sono affezionato.
Per la prima volta mi sento fiero e orgoglioso
di me e di lui.
L’istituzionalizzato