Emozioni

In un mondo dove ormai tutto si dà per scontato, e poca importanza ai gesti quotidiani, dove è più importante apparire che essere, esistono ancora altre realtà delle quali ci si rende conto unicamente quando se ne viene privati per tanto tempo e si riscoprono emozioni, anche dalle cose più banali, che ci portano a riflettere.
Al giorno d’oggi non c’è essere umano che più o meno non sia legato ai telefonini, veri e propri strumenti di appiattimento mentale che fanno vivere tutti in un mondo irreale e, se non sei social, non ricevi quotidianamente un segnale da parte della “rete”, sei preoccupato e la tua giornata sarà vuota, ti senti escluso da quanto succede nel mondo e vicino a te e da cosa stanno facendo i tuoi amici, i tuoi cari e una moltitudine di persone che nemmeno conosci.
Mi è successo di vedere negli ultimi anni persone starci male e correre dai vari operatori telefonici, portare il loro telefonino come se fosse un malato, così come si va da un medico accompagnando una persona cara, cercando di comprendere come mai quel giorno il loro telefonino non fosse il loro fidato compagno, amico, confidente.
Ho fatto tutta questa premessa per arrivare al tema Emozioni, che ho riscoperto dopo anni di isolamento dalla cosiddetta “civiltà umana” perché ero e sono detenuto in carcere, per cui lontano da questi strumenti che in apparenza ci danno gioia effimera e poche vere sensazioni legate a quello che ci circonda abitualmente a partire dalla più piccole cose quotidiane.
Era l’11 agosto del 2011, per la prima volta dopo oltre 20 anni di carcere senza mai uscire, mi era stato concesso un permesso premio per buona condotta di tre giorni.
Seppure preparato mentalmente, nella mia testa iniziavo a farmi domande su cosa e come era cambiato il mondo esterno che conoscevo solo attraverso la TV e intravedevo in minima parte dalla finestra della mia stanza; una piccola porzione, così piccola e distante che non avevo idea di cosa sarebbe successo di li a poche ore.
Quando mi chiamarono per uscire, mi ero preparato una piccola borsa con dei ricambi di vestiti; scesi al piano inferiore e mi diedero in mano dal mio conto corrente 200 euro che avevo richiesto, era la prima volta che tenevo in mano degli euro e li guardavo stranamente facendo un calcolo mentale, cioè: 200 euro circa 400 mila lire della vecchia moneta italiana racchiusa in una banconota di colore giallo, li misi in tasca e fui accompagnato verso l’uscita.
Fuori ad attendermi cera una volontaria del carcere che era venuta a prendermi per accompagnarmi a firmare dai C.C., fare la spesa e poi nell’alloggio dove avrei dovuto soggiornare in quei giorni.
Non riuscivo a provare emozioni o forse erano così tante che non le comprendevo, per strada scambiammo alcune parole con la volontaria e quando arrivammo alle porte della città, il carcere si trova a circa 6/7 km dalla stessa, iniziai a vedere la gente, auto, traffico a non finire e il cervello, non più abituato a tutto questo, non finiva più di guardare a destra e a sinistra; osservavo tutto come un assettato che cerca una fonte d’acqua fresca per dissetarsi.
Dovevo immagazzinare decine di cose, ricordare i luoghi perché non ero nella mia città natale ma in un luogo che vedevo per la prima volta da libero.
Cercai di non andare nel panico dalle troppe indicazioni e dalle emozioni che man mano emergevano rischiando di andare in completa confusione.
Andai a firmare e poi sempre accompagnato dalla volontaria, prima di recarci all’alloggio, andammo a fare la spesa in un supermercato adiacente.
Mi lasciò fare per vedere come mi comportavo e il primo problema emerse subito: per prendere il carrello serviva una moneta ma io non lo sapevo, ai miei tempi entravi, prendevi un carrello e facevi la tua spesa così mi diede un euro lo misi nella fessura e si staccò dagli altri, sembrava che tutti mi guardassero come se fossi un alieno ma era solo una mia sensazione.
Volevo sbrigarmi a fare la spesa perché mi dava fastidio tutta quella gente, la luce, la musica; così mi ero preparato una distinta delle cose da acquistare, solo che dovevo andare a cercarle nei vari scaffali e giravo come un “cretino” che non ha idea di dove sta andando.
Secondo i miei calcoli non avrei dovuto acquistare molte cose rimanendo fuori solo tre giorni e invece mi ritrovai alla cassa con un carrello che stimo sarebbe servito ad una famiglia di quattro persone per alcuni giorni, la volontaria si mise a ridere vedendo l’enormità delle cose acquistate io invece mi dicevo: non è che ho dimenticato di acquistare qualcosa?
Fu una esperienza bellissima quel giorno seppur frastornato da tutto, il camminare in mezzo alle persone, bambini che correvano, il caos e tutto il resto mi faceva sentire partecipe nuovamente della “civiltà” dopo essere stato per anni quasi ibernato.
Uscimmo e caricai la spesa nel baule dell’auto e ci avviammo verso la casa, intanto non smettevo di osservare le strade, le insegne dei negozi per avere dei punti di riferimento dovendo tornare i giorni successivi a firmare e, non conoscendo la città dovevo essere in grado di fare queste cose da solo. Così immagazzinai una moltitudine di informazioni e tante emozioni che iniziavano a darmi le notizie utili per non fare errori che non mi sarei potuto permettere.
Arrivammo alla palazzina, scaricai le borse e ci avviammo verso il mini alloggio, mi diede le chiavi e finalmente provai l’emozione di aprire una porta da me stesso e entrare in una casa; rimasi colpito, la osservavo, scrutavo e ancora non riuscivo a rendermi conto di essere: anche se solo per tre giorni “LIBERO”, mi spiegò il funzionamento delle cose principali e mi salutò dicendomi che sarebbe ripassata nel pomeriggio. Così iniziai a sistemare le provviste nel frigo e nei vari mobiletti, dopo un po’ mi venne fame e mi preparai qualcosa che da anni non avevo potuto avere, sistemai la tavola, avevo dei piatti di ceramica, il bicchiere in vetro e delle posate non più in plastica, finalmente tutto questo mi affascinava, mangiai e lavai le stoviglie e nel frattempo pensavo: stasera cosa mi preparo?
Credo di aver mangiato di continuo spizzicando qua e là poi sopraffatto dallo stress mi distesi sul sofà e mi sono appisolato; troppe emozioni in un colpo solo, troppi i pensieri e ogni cosa che fino a poche ore prima credevo fosse scontata, ora per me in quel frangente è stata come fossi il primo uomo sbarcato sulla luna. Quel giorno le mie emozioni le ricordo così.
Ogni cosa mi ha dato e fatto vivere emozioni che non provavo da anni, il cielo, il sole, i prati, il giardino della casa; tutto quello che prima davo per scontato adesso aveva un odore, dei colori nuovi e mi trasmetteva sensazioni assopite. Anche il mio sguardo non era più lo stesso, i miei occhi brillavano di un’altra luce, non c’era paragone; un uomo non può vivere senza sensazioni o emozioni e mi sono rivisto come gli animali che vivono allo zoo dentro a delle gabbie: guardateli negli occhi e confrontateli con quelli che vivono in libertà nella natura così vedrete un uomo privo di emozioni.

Angelo N.

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Autore dell'articolo: feniceadmin