CERCO IL SILENZIO PER RIMETTERE ORDINE NELLA MIA TESTA
La notte porta consigli, dicevano i nonni, eppure io non trovo nulla di somigliante ad un consiglio in tutti questi pensieri che mi frullano per la testa.
Sono le 23:43 e dal blindato semi-chiuso intravedo l’ombra dell’agente; sta passando a fare la conta, mi punta la luce della torcia in faccia; mi giro e saluto, lui fa un breve cenno con la mano e passa avanti. A breve finirà il turno e prima di andare via deve assicurarsi che tutti siano al proprio posto, nelle proprie celle, nel gergo carcerario si definisce “la conta!”.
Eppure mi viene spontaneo pensare a quanto sia difficile fare il suo lavoro, ad osservare tante persone rinchiuse in piccoli tuguri come se fossero animali. Mi rendo conto che io, per mia natura, non riuscirei mai a fare una cosa del genere: al primo turno farei di tutto per liberare tutti, indipendentemente dalla norma o dal crimine che queste persone abbiano commesso o meno. Ovviamente mi rendo conto che questo è anche uno dei motivi per cui io non sono aldilà del cancello, quindi è molto facile per me esprimermi in questo modo dato che sono di parte e ci sto vivendo io stesso in un piccolo tugurio, da ben 40 e più anni e si può dire che sto crescendo qui dentro, anzi sono già cresciuto un bel po’ considerato che quasi tutta la mia giovane vita l’ho passata dietro le sbarre.
Ma ciò di cui vorrei scrivere adesso è il silenzio della notte, che attendo sempre con molta serenità per ritrovare un po’ di intimità con me stesso.
Sovente mi capita di desiderare un po’ di silenzio per cercare di rimettere ordine in questa mia testa molto confusa, piena di dubbi ed incertezze, ma quando vivi in luoghi così bui e deprimenti, il silenzio è molto difficile da trovare.
Questi luoghi sono paragonabili all’Inferno di Dante, così magistralmente recitato da Roberto Benigni, a meno che non si rimanga svegli negli orari notturni.
Così eccomi qui per l’ ennesima volta a desiderare di essere in cima ad una montagna o al largo dell’oceano, dove gli unici rumori o suoni che si possono udire sono quelli della natura, del
vento sugli alberi o delle onde sul mare.
Spesso, come d’altronde in questo momento, mi chiedo se riuscirò mai a rivivere questi istanti che oggi sono diventati dei vaghi ricordi d’infanzia e che la vita mi ha portato via o forse sono stato io a privarmene stupidamente… Ma qualunque cosa io creda non importa, sta di fatto che il risultato non cambia e quella libertà non ce l’avrò mai più finché respirerò su questo pianeta.
Questo è solo uno di tutti quei pensieri a cui ho accennato all’inizio, ed è uno di quei pensieri su cui in questo preciso istante riflettono molte altre persone, che come me si ritrovano scritto 31/12/9999 (fino a quando morirai) sul certificato di detenzione.
Questo è quello che chiamano ergastolo ed io sono una di quelle persone e più definite ergastolani, cioè morti viventi.
Michelangelo D. (Uomo Ombra) con la collaborazione di Diego T.
Per contattare la Redazione La Fenice o commentare l’articolo scrivi a [email protected] oppure accedi a Facebook alla pagina la fenice – il giornale dal carcere di ivrea