I piedi del Direttore

“Fare il direttore anche con i piedi”: è questo che fa un direttore di carcere che lavori nel rispetto della Costituzione.
Cioè sceglie di non trincerarsi dietro una scrivania, ma di muoversi, girare, conoscere “i suoi detenuti”, farsi vedere e conoscere da loro, ascoltare, dialogare. E sceglie anche di accettare che la rieducazione è un percorso in cui tutti sono impegnati, perché per avviare un cambiamento le persone detenute hanno bisogno di confrontarsi con adulti credibili, con istituzioni credibili, e chi dirige il carcere non deve sottrarsi al confronto.
L’importanza di usare i piedi per capire oggi è davvero una questione vitale: perché le carceri per molti aspetti stanno arretrando, sta tornando il sovraffollamento insieme al degrado, e allora per fermare questo ritorno al passato bisogna girare e conoscere le galere, per la semplice ragione che “si gira anche per immaginare e rendere diversi i luoghi della detenzione. Non c’è scritto da nessuna parte che un carcere debba essere un luogo sporco e grigio”. Ecco, non c’è scritto da nessuna parte, però succede, e succede in molti luoghi di detenzione.
Questo è un momento di avvicendamenti alle direzioni delle carceri, stanno cambiando molti direttori, ci sono appena state le assegnazioni delle sedi.
Chi “abita” il carcere questi cambiamenti li vive con ansia, proprio perché sa che ogni carcere è un mondo a sé e che un direttore può avere un peso enorme nel determinare la qualità della vita nella sua “galera”.
Ecco, il volontariato può contribuire con forza al cambiamento necessario nelle carceri, e può anche, con il suo apporto di energie, di risorse di idee, arginare il rischio di un nuovo degrado, legato a un pericoloso ritorno del sovraffollamento, per questo è importante che sia coinvolto di più, che possa dare il proprio apporto critico, che si senta valorizzato e realmente apprezzato, e non piuttosto usato nelle situazioni di emergenza.

Michelangelo D. (Uomo Ombra)

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Autore dell'articolo: feniceadmin