L’eterna attesa

L’attesa, una cosa interminabile, logorante, distruttiva per un detenuto … L’attesa della chiamata ad un colloquio, l’attesa di una visita medica, l’attesa di rivedere i volti di chi si ama e si è lasciato fuori o anche solo di poter contattare i propri cari a casa per quei miseri dieci minuti la settimana, è questo ciò che ogni detenuto deve subire, terrore psicologico, un dolore atroce e tutto ciò che resta è la speranza che quella attesa finisca ed anche solo una chiamata arrivi.

Quando senti il telefono degli assistenti che squilla ti si drizza l’orecchio nella speranza che ci sia una svolta alla tua giornata interminabile.
Aver perso la libertà ti fa capire ciò che realmente conta ed è la famiglia, gli affetti, la donna che si ama, l’aria fresca, il contatto con la natura, ogni cosa che prima molti di noi davamo per scontato adesso ha un valore talmente grande che nemmeno si riesce ad esprimere a parole, bisognerebbe inventarle.
Non aver nessuno o quasi, con cui parlare, con cui sfogarsi, con cui esser se stessi, abituarsi a soffrire ogni singolo giorno cercando di tener la testa alta, cercando di non diventare chi non sei, tentando in ogni modo di trovare un appiglio che ti dia speranza nel futuro anche se dentro te senti che un futuro non l’avrai più ….
Questo è ciò che ti attende quando varchi quella soglia attraverso la quale non saresti mai voluto entrare, quel grande portone che nel momento in cui si chiude alle tue spalle ti taglia fuori da tutto ciò che hai sempre conosciuto ed amato e che non sai se e quando varcherai nuovamente per rivedere il viso di chi ami e stringerlo a te senza più lasciarlo andare dopo poco, perché è scaduto il tempo prestabilito.
Il dolore e l’attesa, ecco cosa attende chi viene rinchiuso dietro queste mura che paiono essere insormontabili, un dolore difficile, quasi impossibile da scacciare, spesso ti viene detto di abituarti, ma abituarti a che cosa??? Abituarti a perdere la tua umanità, le tue speranze, a perdere tutto ciò che ami e ad andare avanti come un animale in gabbia per chissà quanto, perché hai commesso un errore, un delitto che i più reputano volontario per pregiudizio, un delitto che non volevi, che ti strazia dall’interno con il quale non riesci a convivere perché nemmeno ti sei reso conto di cosa hai fatto, ma per la gente comune ormai sei un assassino, un delinquente e non conta nulla altro.
Conta solo cosa hai fatto, non conta chi sei, non conta da dove vieni, quale è stato il tuo percorso ed
all’interno di queste celle ci fai i conti ed alle volte una voce amica ti “inquadra” e ti fa capire che forse la tua vita non l’hai mai goduta ed hai sempre pensato agli altri non vivendo, nascondendoti ed abbassando il capo per il bene altrui, forse perché ci tenevi troppo o forse perché dentro di te eri un “debole”, perché in fondo, dentro ognuno una debolezza c’è e ci sarà sempre, che sia futile o realmente importante ….
Ho imparato una cosa stando qui dentro, ciò che ti dà la forza di sopportare e di subire l’impensabile è la stessa cosa che ti può distruggere quando non ce l’hai più …..
Ora tornerò nella mia cella a continuare l’attesa …
Buona giornata a voi, gente libera ….

Davide O.

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Autore dell'articolo: feniceadmin