Quante volte avete chiesto con sincerità: Come stai?

Scrivo a voi lettori e vi pongo questa domanda: quante volte vi siete soffermati con il coniuge, figli, partner, amico/a per chiedergli “Come stai?” Io ho 36 anni e credo di aver sentito questa domanda rarissime volte, poi da detenuto proprio tabula rasa.

A volte si ha a che fare con pseudo tuttologi nei penitenziari dove spesso subiamo un trattamento talvolta non consono alle regole a noi imposte, e, spesso anche gli agenti vivono lo stesso disagio.

Ci sono detenuti che non riescono ad affrontare tutte le mancanze dell’istituto perché o stranieri, o appena arrestati, o per problemi psichici e quindi isolati.  A loro, a tutti noi, nessuno fa questa domanda e tanti cercano la via più veloce per uscire da questo tunnel senza luce e si tagliano, si impiccano, respirano il gas finché quella gocciolina non gli congela i polmoni … Tutto questo perché nessuno chiede loro: come stai?

A persone come me fa sempre piacere sentirselo chiedere in modo sincero, se percepisco disinteresse o falsità dietro la domanda allora sollevo lo scudo, mi rifugio nella tristezza della solitudine …

Mi domando quante persone in questo mondo digitale si soffermano insieme ai propri cari e cercano di ritagliare un momento della giornata per fare questa domanda … e tante altre, ascoltano e dedicano tempo alla comprensione dell’altro, al dialogo …

Dedicare tempo agli altri, provare empatia, aiutare e chiedere aiuto, così da poter superare insieme le difficoltà, le sofferenze de “L’inferno dei Viventi”.

Io credo nel percorso che sto facendo, sono sicuro che potrò essere un valido punto fermo per chi ha bisogno, per concludere …

“Come state?” Io lo voglio sapere, se volete intrattenere una simpatica corrispondenza mi chiamo Luca C.

 un saluto 

Luca C.    

«L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà:
se ce n’è uno è quello che è già qui,
l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiano stando insieme.

Due modi ci sono per non soffrirne.

Il primo riesce facile a molti:
accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.

Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui:
cercare e saper riconoscere chi e cosa,
in mezzo all’inferno,
non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».

Italo CalvinoLe città invisibili

Autore dell'articolo: feniceadmin