Buongiorno a tutti voi cari lettori, oggi ho deciso di scrivere questo articolo centrato sullo scopo della pena finalizzata al reinserimento nella società, realtà che spesso e volentieri non avviene.
Partiamo dal presupposto che il detenuto si trova ristretto in un carcere a scontare una pena per i reati commessi in libertà, fino a qui tutto ok. Ma come penso io e come dice l’articolo 27 della nostra costituzione italiana, la pena deve essere volta a scopo rieducativo finalizzata al reinserimento sociale del detenuto. Questo è molto importante, perché significa che il detenuto una volta uscito dal carcere non commetterà più reati, ma condurrà una vita normale.
Belle parole… Peccato che questo non avviene quasi mai.
Vi siete mai chiesti come mai c’è un tasso di recidiva del 70% dei detenuti italiani? Ve lo spiego io… Perché nè gli Istituti penitenziari, né lo Stato italiano ti danno la possibilità e gli strumenti per poter cambiare la tua vita.
Posso farvi alcuni esempi… Dentro le carceri purtroppo sono carenti le figure professionali per la rieducazione, parliamo degli educatori, qui a Ivrea ci sono solo due educatori a fronte di circa 250 detenuti, quei pochi fortunati che riescono ad avere dei colloqui con l’educatrice che sono finalizzati solo esclusivamente alla relazione di “sintesi” trattamentale per poter chiedere al magistrato di sorveglianza delle misure alternative, che sempre più spesso vengono respinte.
Mancano gli psicologi, figure molto importanti anche solo per poter parlare e sfogare quello che hai dentro di te.
Manca il lavoro, quei pochi detenuti che lavorano guadagnano circa 100 euro al mese e non sono lavori qualificati che ti permettono di imparare un mestiere per quando sarai fuori nella vita reale. Alla fine la maggior parte del tempo che passi in carcere, lo passi chiuso in cella o nel corridoio della sezione a giocare a carte o a parlare di reati e processi, sempre gli stessi discorsi…
Parlando della mia esperienza personale, mi ritrovo purtroppo per l’ennesima volta ristretto in un carcere. Per carità, ho commesso dei reati ed è giusto che paghi penserete voi, certo che sì. Ma è anche vero che nessuno, neanche lo Stato italiano mi ha aiutato a cambiare vita, anzi, vi dirò che le nostre leggi mi hanno complicato la vita fino al mio rientro in carcere.
Nell’ anno 2018 stavo per uscire a fine pena dal carcere di Torino, mi ricordo che a pochi giorni dal mio fine pena feci un colloquio con un assistente sociale e mi disse che alla mia uscita avrei dovuto contattarlo perché mi avrebbe inserito in una borsa lavoro e in una casa popolare. Ero contento perché sognavo di vivere una vita onesta e normale come tutte le persone, peccato che mi ha solo preso in giro perché nulla di quello che mi aveva promesso è stato mantenuto.
Io ho un lungo passato da tossicodipendente e vari reati di spaccio alle mie spalle, così sono ricaduto in quella vita orrenda che ho sempre condotto e inciampai di nuovo in carcere solo un anno dopo, scontai tutta la mia pena fino alla primavera scorsa, e mi ritrovai un’altra volta libero.
Questa volta volevo veramente cambiare vita, ma sapevo che non avrei potuto contare sull’aiuto delle nostre istituzioni, così mi rimboccai le maniche e trovai in fretta una casa e un lavoro in un famoso supermercato.
Ma dopo pochi mesi che ero fuori dal carcere, e comunque lavoravo, non commettevo reati, non usavo stupefacenti e conducevo una vita normale; un bel giorno un magistrato decide di applicarmi la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, questo non perché abbia commesso nuovi reati, ma semplicemente perché secondo questo magistrato potevo essere socialmente pericoloso per i troppi reati che ho commesso in passato, reati che tra l’altro avevo già scontato in carcere fino all’ultimo giorno del fine pena. Ma la cosa peggiore che hanno fatto è avermi notificato questa misura sul posto di lavoro, così il direttore del supermercato mi ha licenziato.
Mi applicarono questa misura che per me è ingiusta, perché mi stavo costruendo una vita, e ad un certo punto mi trovo senza lavoro, senza documenti, senza la possibilità di poter conseguire una patente di guida, senza il permesso di poter uscire dal mio Comune, senza poter entrare in un bar o in un ristorante, limitato in tutto e per tutto nella mia libertà personale, nonostante mi stessi reinserendo nella società da solo con le mie forze, ma soprattutto limitato nella possibilità di cercare un altro lavoro in quanto ero un sorvegliato speciale!
Così mi feci prendere dallo sconforto e ricascai come un pollo nell’uso delle droghe fino al mio ultimo ed ennesimo arresto, per essermi allontanato dal mio Comune.
Detto questo io penso che le leggi di questo nostro Stato, non solo non mi hanno aiutato a reinserirmi nella società, anzi ancor peggio hanno fatto di tutto per ostacolare quello che di buono stavo facendo. Alla fine, sopraffatto dallo sconforto ho scelto la via per me più facile, sicuramente sbagliata, tornare a delinquere, ho scelto di rifugiarmi nella droga.
Ora mi rendo conto che quando sarò di nuovo libero dovrò trovare aiuto nelle istituzioni come per esempio il Sert e nonostante il mio burrascoso passato rimango comunque fiducioso in un cambiamento.
Purtroppo quello che è successo a me succede a migliaia di persone in Italia.
Mirko