Io, Shira & Marley
Quanti, tanti, detenuti lasciano fuori dal carcere i propri affetti, le proprie gioie, i propri sentimenti: le proprie famiglie, i propri cari, i propri amori. Come gelosamente custoditi.
Qui non c’è posto, qui feriscono, fanno male i ricordi; da quali, come una nostra difesa immunitaria, cerchiamo di difenderci.
Forse lo facciamo perché è un nostro punto debole, e più deboli ci rende un qualsiasi loro ricordo: come doveva, come sarebbe potuto andare.
Li lasciamo fuori, in libertà, come pensiero felice, come per salvarli; salvarli da ciò che dobbiamo noi pagare, scontare una pena, che a nostra volta non vogliamo affliggere ad altri.
Purtroppo siamo destinati a tramandare loro la nostra mancanza, la nostra colpa, la nostra assenza.
Come mancanti che scontano una pena, non siamo solo noi a pagare per quel che abbiamo fatto. Questa ruota della vita, come un effetto domino, male affligge chi male ha fatto.
Se solo si potesse guarire il male con il bene.
Quale peso diamo ai sentimenti: loro erano il mio impegno, la mia motivazione, la mia gioia, il mio dolore e il mio più grande rimorso.
Avevo garantito loro, il mio amore, la mia responsabilità.
Improvvisamente poi l’abbandono, non voluto, predestinato.
A loro bastava stare con me, ovunque andassi, sapere che io c’ero per loro.
Non gli importava né dove, né quando: una spiaggia, un prato, una carezza, la mia presenza.
Io bastavo loro e loro bastavano a me; anime innocenti.
Io che sistemavo tutti i loro casini, loro, che insegnavano a me l’amore, puro e incondizionato.
Si, perché ad un cane non importa se sei ricco o povero, colpevole o innocente.
Loro ti aspetteranno sempre. Lì , dove li hai lasciati, semplicemente in attesa che tu ritorni.
Tu gli dai il tuo cuore e loro ti daranno il loro.
Un cane, nonostante il male, ti renderà sempre il bene.
Ho promesso che sarei tornato, perché l’amore non dimentica l’amore ricevuto, nonostante il male.
Qui, dove non c’è posto per i sentimenti, si dà tempo e valore ad ogni singolo sentimento.
Io, Shira & Marley
Robert M.
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