Questa lettera è stata scritta dalla madre di un detenuto che non si trova più ad Ivrea ma è stato trasferito secondo uno dei frequenti spostamenti obbligati , spesso senza alcun preavviso
Erano due mesi che non lo vedevo
6 ore di viaggio
2 ore di colloquio
I colloqui presso la struttura carceraria in cui si trova sono possibili solo in giorni infrasettimanali, per cui va da sé che è necessario anche perdere una giornata lavorativa
Attesa sotto il sole, per mezz’ora, oggi il caldo era veramente importante,
Non si sa perché essendomi comunque presentata all’ora stabilita
Chiedo spiegazioni e mi viene detto di stare dove sono che mi chiameranno
Entro quando è praticamente già ora del colloquio
Compilo la lista delle cose che avevo portato con me
Alcune passano altre no
(Ri)chiedo spiegazioni sul fatto che quando ho spedito le stesse cose gli sono state consegnate
Sì, via pacco postale
No, di persona
Mi vengono fornite spiegazioni che sono veramente un insulto all’intelligenza e al buon senso
Proseguo.
Perquisizione e finalmente vengo accompagnata nella sala colloquio.
Temperatura interna della sala credo circa 35°
Niente pale a soffitto
Niente ventilatori
Siamo tutti in galera.
Mio figlio sta bene fisicamente, salvo trattamento con psicofarmaci per dormire e per sedare l’ansia (da effetto boomerang dei farmaci) e la latente possibilità di scatti di rabbia.
Lo trovo “adattato”
Completamente adattato al sistema interno carcerario
Fagocitato dal modus imperante
Non ci si può permettere nessun tipo di debolezza, se sei umanamente fragile non sei uomo, non vieni rispettato
La ricerca di riconoscimento del proprio valore quindi continua
Ascolto fatti che manifestano il patriarcato più primitivo che esista
La territorialità simil belve della giungla
Emozioni non pervenute tranne la rabbia verso tutto e tutti
È difficile lì dentro non provare rabbia
La provo io ogni volta che incontro un “a discrezione “
A discrezione, lì dove dovrebbe regnare il motto La legge è uguale per tutti
Mi scappa da ridere per non piangere
Il Carcere è un piccolo spaccato, ma fortemente acutizzato di tutto ciò incontriamo nelle nostre italiane quotidianità e alziamo le spalle
Anche lì regna il Dio denaro
Più ne hai più puoi
Puoi comunque trovare tutto ciò che la Legge definisce illegale
Basta pagare
Mi viene da piangere, ho smesso di ridere pure ironicamente
Lì, dove dovresti abbandonare la legge della strada, questa sì fa più forte
Un paradosso
Lì, dove le persone sono giunte perché hanno deviato dalla retta via (e non lo dico con valenza morale, ma rettitudine interiore) vengono abbandonate in balia di sé stesse.
Riconosco il valore di una disciplina ai fini appunto di disciplinare atteggiamenti mentali e quindi di comportamento senza limiti, ma la disciplina che rasenta la tortura, portavoce di frustrazione e fine a sé stessa non fa che amplificare ciò che dovrebbe curare.
Altro paradosso.
Come è nella mia natura però il mio sguardo tende all’esterno solo per osservare, poi cerco, cerco dentro me la risposta “attiva” per non rimanere schiacciata o più comodamente vittima.
Allora figlio mio, uomini e ragazzi imprigionati, vi chiedo: se è il sistema quello da cui volevate scappare facendovi più in gamba dello stesso, vedete che invece avete fatto il gioco del sistema che tanto odiavate?
Vi siete resi suoi schiavi, e della peggio specie, senza nemmeno la parvenza di un illusoria libertà.
Voi che cercavate per la maggioranza, rispetto e riconoscimento siete diventati Nulla.
Ma ne è valsa la pena?
Ecco, si ne avete guadagnato proprio una pena
Sarebbe necessario per allontanarsi dal sistema creare altro, dentro di voi iniziare a fare perché ne valga la gioia.
Ciò che si crede forza, se vi ruba la Vita è invece debolezza
Divenire altri uomini senza andare tanto lontano, è già tutto dentro voi.
Girate gli occhi altrove.
Le strade già percorse sono conosciute, smettetela di ripercorrere il solito tragitto.
È vostro diritto di nascita essere liberi
E la libertà è dentro non fuori.
Sappiate che siete comunque sempre visti da chi vi ama e che esistono persone che vi guardano come esseri umani non come carcerati.
Una madre