Da più di 40 anni sono fermo a guardare
Un uomo giace immobile sul letto di una cella del C\C Ivrea; crocevia di storie e forti emozioni, il tutto dal carcere di Ivrea. La cella è come una grande tela bianca. Sul letto la macchia di verde della coperta è un lembo di primavera che alimenta la speranza.
La finestra si apre sulla città che pulsa in una corsa affannosa, senza pace. E’ la “ferita” che unisce il mondo di fuori con un’altra vita; dentro le 4 mura le misure del tempo e dello spazio si sono capovolte. Quanto accade nella città riporta all’umanità: voci, volti, storie, piccoli e grandi eventi; visti dalla finestra di questa cella si rivelano nella loro essenza, si spogliano d’ogni finzione. Semplicemente esistono. Come esiste l’uomo velato da una totale impotenza che abita nella cella 12, ai confini fra il visibile e l’invisibile.
Il silenzio della parola perduta; soltanto gli occhi, animati dal battito delle ciglia, sono una lente d’ingrandimento di ciò che vale e che non vale, del bene e del male, delle assenze e delle presenze, delle vere ricchezze e di quelle false, delle frasi inutili e di quelle che danno conoscenza. La voce spezzata è diventata la voce di chi “non ha voce”, di coloro ai quali è stata sottratta, sono loro ad accendere un semaforo rosso nella vita di chi non “ha voce”.
Da più di 40 anni sono fermo a quel semaforo, guardo la vita da quella finestra della cella che illumina, la cella diventa un crocevia: di storie, di emozioni profonde, di esperienze che uniscono il cielo alla terra. Quando si vive nella linea d’ombra che separa la vita dalla morte cadono le maschere, finisce la recita, si vanificano i ruoli, ci si ritrova nudi nei nostri limiti e nel precariato della nostra esistenza, esposti senza difese ai sorteggi dei P.M di turno, che nasce e scompare anche grazie a noi, il cui giudizio non si può negare ne contrastare, soltanto accettare, con quell’umiltà della mente e con quella saggezza del cuore che, nel dolore, salvano dalla disperazione, mentre nella gioia fanno gustare con stupore e intensità il profumo, i colori, la musica della vita. E sarà da questa cella che raccoglierò i passi delle persone che scendono nella città. Emozioni e paure.
Non incrocerò i loro sguardi, ma ascolterò le loro voci, vivrò le situazioni che sono il tessuto della quotidianità dentro e fuori da questa cella, per ritrovare la capacità di camminare insieme nel rispetto della libertà reciproca, nella ricerca della verità e di quei significativi valori sui quali si edifica il bene comune, si sconfigge la solitudine e si costituisce ogni giorno la speranza.
Un po’ di luce per chi vede solo buio.
Va sempre più affermandosi in me l’idea che vivere al di fuori della legge, non in sinergia con essa, conduca al malessere, alla malattia e alla morte.
Michelangelo D. (Uomo Ombra)
Per contattare la Redazione La Fenice o commentare l’articolo scrivi a: [email protected]