Paradossi legislativi

Spesso e volentieri soprattutto negli ultimi mesi mi fermo a pensare a chi ha un ergastolo ostativo (non il classico ergastolo con fine pena mai già aberrante e violento di suo, un ergastolo ostativo prevede che il detenuto non potrà mai avere la possibilità nemmeno di poter usufruire dei benefici di legge , tipo permessi, art.21, semilibertà ecc..), una condanna con una fine pena mai che avrà termine il 9999, una condanna assurda che tra l’altro per chi non lo sapesse è anticostituzionale per i principi sui cui si fonda la nostra Costituzione eppure questa vera e propria condanna a morte continua ad essere emessa dai vari giudici italiani.

Vorrei anche precisare che nell’Unione Europea l’Italia è l’unica ad avere come pena massima l’ergastolo, che dalle altre Costituzioni non è previsto. Infatti contro le basilari fondamenta della nostra Costituzione che in teoria, come vorrebbe una leggenda che circola da anni per le TV e per le varie carceri italiane, vorrebbe appunto che il carcere sia attuato sì per punizione, ma solo e solamente per puntare alla rieducazione e alla riabilitazione del detenuto.

Ebbene mi trovo a scontare un paio di condanne definitive dal 2013 che finalmente l’anno prossimo avrò finito di espiare e riavrò la mia tanto agognata libertà.

Ma oggi non sono qui a parlare delle mie peripezie anche se questa riflessione riguarda pure me.

Si sentono spesso parlare politici, politicanti, opinionisti dei più disparati programmi televisivi e salottini bene di benpensanti che infettano le nostre giornate con discorsi falsi come il bilancio. Loro che in materia di carcere sono “esperti” dicono e ripetono spesso che la pena deve essere certa e che il carcere debba comunque mirare alla rieducazione del detenuto, e qui mi sorge una domanda spontanea dettata dal paradosso che suscitano certi discorsi. Come si fa a capire se un ergastolano è stato rieducato se non avrà mai la possibilità di uscire né tanto meno di ottenere benefici?

Negli ultimi anni poi, dove si sta cercando sempre di più di attuare una giustizia riparativa e non unicamente punitiva che punti come sopra menzionato al recupero del condannato, permettendogli di rifarsi una vita attraverso un percorso di rieducazione e progettazione del proprio futuro? Personalmente in questi 10 anni passati tra un carcere e l’altro e uno e mezzo passato all’interno di una comunità terapeutica, non ho mai visto né sentito di percorsi di rieducazione né di qualcuno che l’abbia mai affrontato, anzi, in tutti questi anni, per quanto possa essere assurdo, in galera ci sono sempre le stesse facce, chi perché una volta uscito dal carcere ci torna per la commissione di altri reati (e posso affermare di aver visto gente uscire anche due volte dal carcere e rientrarci una terza in carcere), chi non riesce a ottenere un beneficio se pur gli spetterebbe legittimamente. Ho visto un sacco di persone che dopo anche 2 o 3 anni scontati non riescono a ottenere una detenzione domiciliare anche se ormai gli mancava poco meno di un anno o addirittura in alcuni casi un paio di mesi, e, attenzione, non perché non avessero le carte in regola o un posto dove andare, ma a volte il giudice riteneva che non fosse necessario attuare un’altra misura visto che ormai mancava poco al fine pena e poteva tranquillamente finire di scontare l’intera pena in carcere, ed è una cosa orribile leggere tali motivazioni quando arriva appunto un rigetto di questo tipo, ti viene spontaneo chiederti, ma dove cazzo vivo?

A proposito di rieducazione e percorsi denominati tali, vorrei dirvi cosa scrivono i magistrati di sorveglianza quando accolgono la richiesta di liberazione anticipata, semplicemente scrivono: “in quanto ha dato prova di aver portato avanti il suo percorso facendo registrare una buona condotta e in quanto ha partecipato all’opera rieducativa”. Ha partecipato all’opera rieducativa scrivono, ma io, contento per l’accoglimento della mia richiesta che va a diminuire la mia condanna, faccio finta di non chiedermi: “ma scusa, che tipo di percorso ho portato a termine, a quale opera ho partecipato???”

Per i più questa opera rieducativa consiste nel passare intere giornate dentro una sezione a fare su e giù per un corridoio lungo circa 50/60 metri, largo neanche 2 metri, cercando di passare il tempo giocando a carte, cucinando come fanno le nonne fuori che iniziano a cucinare di prima mattina, chi cerca di fare sport, chi legge e chi invece si chiude nella propria cella arrendendosi alla propria depressione e guardare la TV tutto il giorno, in una cella uguale a una comune cantina di un qualunque condominio lunga 3 metri larga due (circa!) e in condizioni veramente imbarazzanti e degradanti per chiunque nel 2023, spazi ristretti e angusti, locali docce fatiscenti e con la muffa al soffitto (grazie a dio ultimamente li stanno ripristinando in questo carcere).

Per altri invece questa famosa opera rieducativa consiste nel frequentare i corsi di formazione che annualmente si ripetono, corsi scolastici e frequentando la palestra e l’aria che consiste in un quadrato o rettangolo circondato da mura alte e grate sulle mura, in modo tale che puoi guardare solo il cielo e qualche montagna. Poi c’è la redazione “la fenice” che personalmente cerco di frequentare il più possibile per stare il più lontano possibile dalla sezione e dalla mia cella e soprattutto stare lontano col pensiero dalle solite situazioni carcerarie. E’ vero, può essere che a volte io mi isoli ma preferisco isolarmi che stare a fare niente e a farmi mangiare dalle mura e dall’angoscia.

Alla fine quello che ne viene fuori è che per i magistrati o chi per essi questa opera rieducativa consiste unicamente nel non creare problemi. E credetemi se vi dico che in posti come questi è già tanto cercare di non creare problemi, perché si vive in una giungla assurda e mantenere la calma a volte è proprio dura. Mi sembra che l’accoglimento delle varie richieste di liberazione anticipata debbano essere dei veri e propri premi per chi resiste e riesce a mantenersi calmo. Superando così un test fatto sulla propria persona, semplicemente non rompendo le scatole agli operatori di polizia penitenziaria e affini.

Credetemi anche quando vi dico che per noi detenuti è già tanto riuscire ad ottenere la liberazione anticipata in questo modo, ma noi tutti saremmo veramente ben disposti ad affrontare questa famosa opera di rieducazione di cui tanto si parla. Perché ci aiuterebbe a progettare un futuro e non ci lascerebbe in balia dei nostri mostri al momento dell’uscita dal carcere, perché senza un vero percorso di rieducazione molti dei detenuti che escono poi ci tornano. C’è un alto tasso di recidiva unicamente perché non si fa niente all’interno delle carceri per permettere ai detenuti di rivedere le proprie azioni e di poterle elaborare, capire, e poter adottare uno stile di vita più consono alla nostra legge.

Quindi dopo questa mia lunga parentesi, vorrei tornare agli ergastolani. Se già per noi detenuti che abbiamo un fine pena fissato, non esistono questi percorsi che potrebbero salvarci da una vita già segnata dal passato, figuriamoci per gli ergastolani quanto sarebbe molto più importante poter affrontare questi utopici percorsi per poter sperare un giorno di tornare in libertà.

Un famoso personaggio diceva che il grado di civiltà di una Nazione si misura tramite il tasso di disoccupazione e lo stato in cui versano le carceri, quindi vorrei chiudere con una domanda: secondo voi qui in Italia siamo a un buon livello di civiltà?

Grazie a tutti, ciao.

Valerio

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Autore dell'articolo: feniceadmin