Sul sito padovaoggi.it del 18 aprile leggiamo che i detenuti di “alta sicurezza” sono stati esclusi dalla attività della redazione di Ristretti Orizzonti per decisione del DAP (Dipartimento amministrazione penitenziaria), dopo anni di collaborazione.

«Sono dodici anni che facciamo questa sperimentazione, non c’è stato mai nessun problema. Oggi queste persone che prima erano coinvolte nella redazione si ritrovano di nuovo isolate nelle loro sezioni. Mentre prima facevano un lavoro che permetteva loro partecipare ai progetti e iniziative importanti, oggi sono di nuovo isolate. La redazione rappresenta per loro una finestra sul mondo. Se si vuol far cambiare e crescere le persone non c’è altra via che coinvolgerli in progetti e attività che li aiutino in questo percorso. Incontrare ad esempio le vittime dei reati è un modo per innescare questo processo positivo. Da adesso però queste cose non si potranno più fare», ci dice al telefono Ornella Favero, direttrice di Ristretti Orizzonti, presidente Conferenza Nazionale Volontariato e Giustizia.
«La nuova circolare sui detenuti di alta sicurezza è concepita nella logica del “non lasciateli respirare”. Non lascia spazi di cambiamento», ci dice facendo riferimento a quanto dichiarato dal sottosegretario Andrea Dalmastro che proprio rivendicando questa affermazione ha scatenato un polverone. «L’affermazione che i mafiosi non cambiano mai è corretta solo se gli si impedisce di far parte di una realtà diversa che non sia la loro. Se li si tiene sempre e solo tra di loro, che percorso possono fare a parte il fatto di rafforzare in loro la convinzione di essere vittime di un sistema, quando non lo sono. Oggi però si è scelto di ritornare all’antico, se non peggio».
Anche il Garante comunale, Antonio Bincoletto, anche alla luce dell’ esperienza precedentemente fatta nel progetto “A scuola di libertà”, ha espresso perplessità per la misura presa e ha manifestato la massima solidarietà alla redazione. «Siamo convinti che le chiusure in corso non creeranno maggior sicurezza né nel carcere né fuori, ma produrranno solo maggiore senso di frustrazione e ridurranno i già scarsi spazi per il trattamento e la rieducazione intermuraria».
Ornella Favero ha scritto una lettera aperta a cittadinanza e istituzioni: «Asserragliati nella fortezza, terrorizzati anche dal nostro vicino di casa, armati fino ai denti per difendere i nostri beni, diffidenti e capaci di vedere negli altri solo un potenziale nemico: è questo il mondo in cui vogliamo vivere? Da circa 12 anni noi di Ristretti Orizzonti avevamo lanciato una sfida: smettiamola di dire che “i mafiosi non cambiano mai”, facciamo in modo invece che gli venga voglia di cambiare, per i loro figli, per i nipoti, per il desiderio di diventare persone “perbene”, una bella espressione che fa capire che essere “a favore del bene” ti fa vivere meglio, è già quella una ricchezza. E così, avevamo chiesto di fare una sperimentazione: far lavorare insieme nella nostra redazione detenuti comuni e detenuti di Alta Sicurezza», scrive Favero.
«Se dovessi spiegare il senso di questa sperimentazione, preferirei farlo raccontando quello che ha detto ieri Salvatore: “Io sono nato nei quartieri Spagnoli di Napoli, non facevo parte di associazioni criminali, ma vivevo nell’illegalità, inseguivo i soldi facili, le rapine a portavalori erano la mia vita. Quando ho cominciato a frequentare la redazione di Ristretti, la cosa che mi ha colpito di più sono stati gli incontri con le scuole, e il vedere i miei compagni, alcuni che erano stati boss di organizzazioni criminali, parlare di sé, ‘mettere in piazza’ i propri disastri, spiegare come avevano cercato in passato di attrarre le giovani generazioni e come alla fine avevano distrutto la propria vita e quella dei loro cari inseguendo il potere e il denaro. Per me, che ero cresciuto ‘a pane e malavita’ guardando con rispetto ai boss criminali, è stato sconvolgente vedere proprio loro smontare i miti che mi ero costruito anch’io», prosegue la direttrice di Ristretti Orizzonti. «Ecco, in questi anni noi di Ristretti ci siamo impegnati a smontare tutti quei miti che rendono tante volte le carceri una scuola di criminalità, più che un luogo di rieducazione. Ma ora ci è arrivata dal DAP la comunicazione che dobbiamo smantellare l’esperienza di condivisione del lavoro della redazione tra detenuti comuni e detenuti di Alta Sicurezza e tornare all’antico, i detenuti comuni da una parte, quelli dell’Alta Sicurezza asserragliati nei fortini delle loro sezioni, facendo a finta che si possa realizzare la rieducazione stando rinchiusi nelle sezioni, anzi nelle celle, e frequentando solo loro simili».
La direttrice di Ristretti Orizzonti fa poi una considerazione molto più generale: «Non invidio chi sta creando questo mondo fatto di isolamenti e chiusure, chi sta trasformando le carceri in luoghi di rabbia e degrado, non invidio chi non crede nella possibilità del cambiamento e vede intorno a sé solo nemici. Se c’è una cosa che ho imparato in questi anni di volontariato è che vive male chi intorno a sé vede solo dei nemici, e gli amici pensa di andarseli a cercare “nei piani alti della vita”, là dove si sta bene e si è tutti buoni. Agnese Moro, che ha avuto il padre ucciso negli anni della lotta armata, ci ha insegnato che nella vita “non bisogna buttare via nessuno”, Gino Cecchettin ci ha mostrato che, anche nella più grande delle sofferenze, si sta meglio a non coltivare l’odio e a guardare avanti e a dare fiducia agli esseri umani, anche quelli che ci sembrano i peggiori». Conclude infine Favero: «Non siamo degli ingenui, non pensiamo che sia facile, per le persone che sono cresciute nelle organizzazioni criminali, prenderne le distanze e sperimentare una cosa così poco di moda come “il piacere dell’onestà”. Ma ne abbiamo viste tante, di persone che sono cambiate, e la sfida vera è quella, non è costruire fortini per i “buoni” e stare lì dentro a difendersi dai “cattivi”».