Nessuno cambia da solo

Il cambiamento nasce dal confronto, da un incontro importante, dalla scoperta di passioni diverse da quelle che hanno fatto finire in carcere; cambiare per chi è in carcere non è un percorso lineare, la persona che vuole cambiare è sempre in bilico perchè tutti intorno la considerano quella di prima.
“Riuscire a cambiare” non è facile, specie per persone logorate da anni di galera (“Scoppiati di galera”). Come si fa poi a cambiare se le persone devono vivere con il codice in mano, tra istanze, reclami, ricorsi, se la loro vita è fatta di un’attesa spasmodica di una qualche decisione, del magistrato, della direzione, di chi deve declassificarti, di chi deve trasferirti?
Io oggi sono credente, ma sono sicuro che alle persone non basta dare una “seconda possibilità”, bisogna avere la forza di dare anche la terza, la quarta…
E a chi mi guarda con compatimento, rispondo che sono contento di crederci sempre e mi fa pena chi non crede nella possibilità di OGNI ESSERE UMANO di tirar fuori qualcosa di buono.
Il cambiamento non può avvenire senza cadute, ritorni indietro.
Nessuno cambia da solo se lasciato a oziare tutto il giorno in cella, è fondamentale che il detenuto possa confrontarsi con realtà diverse da quelle che lo hanno portato a determinate scelte di vita; il carcere chiuso porta a chiusura mentale; il cambiamento di un detenuto è prima di tutto un dovere verso se stessi e verso la società; ma se le istituzioni continuano a guardarlo e giudicarlo attraverso il suo fascicolo giudiziario, il passato si imporrà sempre sul presente.
I percorsi graduali e accompagnati di uscita dal carcere sono gli unici che ti permettono di metterti alla prova e di capire davvero cosa significa cambiare.
Il cambiamento significa anche ammettere la propria fragilità, ma questa in carcere rende la vita difficile, e rinunciare volontariamente a portare una maschera ti fa diventare ancora più vulnerabile.
Sono stato uno tra i tanti giovani a cui il carcere ha proposto poco o nulla come strumenti di cambiamento, ma anzi, nelle esperienze precedenti, non ha fatto che peggiorarmi e rendermi una persona che non faceva altro che sentirsi vittima di un sistema miope e sordo; negli anni questo ha fatto nascere in me una grande voglia di rivalsa nei confronti delle istituzioni e della società, che ritenevo complice perchè non faceva nulla per occuparsi di cambiare le cose.
Oggi ho imparato a dare una direzione alla mia rabbia, ma soprattutto ho cercato di farla diventare un punto di forza a mio favore, usandola come strumento di lotta per cambiare le cose attraverso la scrittura e la comunicazione. Sperando che domani non ci sia più un’operatrice che dica, a una persona poco più che ventenne, che è irrecuperabile, come fecero con me, tanto tanto tempo fa.

Michelangelo

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Autore dell'articolo: feniceadmin