Dopo 51 anni di carcere, Barra è morto senza mai tornare a casa, eppure nel mio cuore e nella mia testa, è ancora vivo.
Siamo stati insieme dieci anni nel carcere di Benevento, facevamo insieme l’ora d’aria e mi ricordo ancora le nostre chiacchierate.
Il perdono fa più male della vendetta, il perdono sociale ci costringerebbe a non trovare dentro di noi nessuna giustificazione per quello che abbiamo fatto.
Ecco perché converrebbe combattere il male con il bene, col perdono, con una pena equa e rieducativa.
La pena dell’ergastolo ci lascia la vita, ma ci divora la mente, il cuore e l’anima.
La pena dell’ergastolo senza i benefici opprime la vita senza ammazzarti, ma negandoti persino una pietosa uccisione.
Questa terribile condanna ti toglie tutto, persino la possibilità di morire una volta sola, perché si muore un po’ tutti i giorni.
È una morte civile che ti tiene in uno stato di sofferenza insopportabile, perché è crudele fare coincidere la fine della pena con la fine della vita. Una pena che non finisce mai, è una pena disumana.
La pena dell’ergastolo, ad un ragazzo di vent’anni, serve solo a soddisfare la reazione vendicative della Comunità e delle vittime verso gli autori dei delitti.
Questa condanna sena fine è un crimine più crudele di quello che si vuole punire, con la differenza che il primo è un crimine commesso da un’adolescente, l’altro è un crimine della Giustizia.
Michelangelo D. Uomo Ombra
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