Sprazzi di vita

Arrivato all’età di 65 anni di “acqua sotto i ponti” ne è passata tanta, tante cose sono accadute nella mia vita; tante volute, alcune casuali, e alcune che ancora adesso a volte mi domando come mai sono successe.

Quando la notte nel buio della mia cella, sdraiato sul letto mi ritrovo a pensare al mio passato, e mi domando come sarebbe stata la mia vita se certe cose non le avessi fatte, o se certe scelte fossero state diverse, mi rispondo: Angelo, ormai è tardi, dovevi pensarci quand’era il momento.

I ricordi delle cose passate non arrivano mai in ordine cronologico; una volta mi ritorna in mente una cosa successa vent’anni prima, la volta dopo me ne viene in mente una successa dieci anni dopo, ma comunque sia, sono tutti ricordi che in un certo senso mi lasciano un senso di tristezza. Ricordarsi cose di un certo tipo di vita che ormai avevo abbandonato da circa trent’anni, non mi fanno tanto piacere, perché il giorno che avevo deciso di smettere con quel tipo di vita, era stata una decisione convinta, sicura e presa con decisione e serenità; una decisione che aveva portato la mia vita ad un totale cambiamento. Finalmente vivevo la mia vita con tranquillità, e tutta questa tranquillità è andata avanti per ventisette anni, fino a otto anni orsono, fino al giorno che qualcuno ha deciso che ero colpevole di un orrendo delitto; delitto del quale mi sono sempre dichiarato e continuo a dichiararmi innocente. Ma ora non voglio parlare di questo, ma di una delle tante “sciocchezze” che ho fatto anni fa, quando i miei capelli non erano ancora bianchi come purtroppo sono ora, quando tutto mi sembrava possibile, quando mi sembrava che tutto il mondo girasse intorno a me, quando sentivo che io potevo decidere cos’era giusto e cos’era sbagliato, mentre in realtà se mi fossi fermato un attimo a pensare e a riflettere sarebbe stata la cosa giusta, e forse tanti errori non li avrei commessi.

Con la mia mente torno indietro di più di trent’anni, in una cittadina del nord Italia, mare davanti e monti alle spalle, vi ero tornato dopo alcuni anni di assenza, e la prima cosa che ho fatto è stato quello di andare in giro per cercare se ritrovavo gli amici di un tempo, e così è stato. Dopo poco avevo ripreso contatto con un gruppo di persone con le quali anni addietro avevo “lavorato”, S. P. e G., sapevamo cosa volevamo, e ci è voluto ben poco per organizzarci, anche perché loro avevano già preparato un “lavoretto” e gli mancava il quarto per portarlo a termine, perciò il mio arrivo è stato come si usa dire: come il cacio sui maccheroni:  sopralluogo, organizzazione, ad ognuno il suo ruolo, e abbiamo deciso il giorno x.

Era una mattina d’estate, ci eravamo dati l’appuntamento alle nove poco distante dal luogo del “lavoro”; un ufficio postale che era collocato a una trentina di metri da un distretto di polizia, a dirlo così, si può pensare che si è pazzi, … come, proprio li? Ma in realtà erano i “lavori” migliori, perché in quei posti nessuno se lo aspetta, era già stato provato, e comunque noi eravamo sicuri del fatto nostro, non c’era nessun timore.

Visto che era estate ero uscito di casa la mattina prima delle otto vestito come dovessi andare in spiaggia, oltretutto il “lavoro” era vicino al mare, ero passato in un garage dove tenevo gli “attrezzi” del lavoro (pistole e passamontagna), ho messo tutto in uno zainetto me lo sono messo a tracolla, ho preso un motorino che tenevo nel garage, un Ciao, e sono partito per la mia destinazione, piano, piano, tranquillo sono arrivato sul luogo dell’appuntamento una ventina di minuti prima dell’orario stabilito, e non c’era ancora nessuno dei miei “soci”, neanche quello che  aveva l’incarico di procurarsi la macchina per la fuga successiva. Aspetto, arrivano le nove, le nove e trenta, e le dieci, a quel punto decido di andarmene, anche perché con quello che avevo addosso era troppo rischioso continuare a restare. Arrivo a casa e faccio qualche telefonata, ma non riesco a sapere nulla, poso lo zaino (grande errore, perché avrei dovuto riportarlo dove l’avevo preso), mi cambio ed esco; in tutto il giorno non sono riuscito ad avere notizie di nessuno, ma tant’è non ho pensato allo zaino, arriva la sera, poi la notte, e durante la notte mi fa irruzione in casa la polizia, si può immaginare l’epilogo: qualcuno aveva “cantato”, ma questa è un’altra storia, quello che successe dopo forse un giorno ve lo dirò.

L’uomo Ombra, Angelo S.

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Autore dell'articolo: feniceadmin