Resto spesso immobile a pensare a quante volte ho sbagliato nella mia vita, a quante volte potevo porre fine a questo tormento che è il carcere, eppure commettevo sempre un altro errore che mi allungava la condanna proprio quando stavo per terminare il percorso di reinserimento.
Come se inconsciamente avessi paura di tornare libero al 100%, sono arrivato a pensarla così in quanto non riuscivo a darmi nessun’altra spiegazione.
Penso che a ognuno di noi ristretti presso i vari istituti penitenziari Italiani debba essere concessa non una ma più di una possibilità per cambiare stile di vita.
Provate a pensare a un meccanico che ha cominciato a lavorare facendo quel lavoro per 20 anni senza mai fare altro, all’improvviso gli viene detto che il suo lavoro è sbagliato e che non deve più farlo, per lui non sarà per niente facile cambiare e provare a fare qualcos’altro perché nella sua vita ha sempre e solo fatto quel tipo di lavoro.
È strano da dire ma la stessa cosa vale per i detenuti, soprattutto per quelli più avanti con l’età. Il cambiamento si sa ci spaventa perché è una cosa che non conosciamo e le cose che non conosciamo ci spaventano sempre un po’ , per questo penso che a una persona che sbaglia e che purtroppo finisce in galera per l’ennesima volta bisogna dare ancor di più una mano. Sappiamo che solo chi non fa non sbaglia.
Quindi se uno prova a mettersi in gioco e prova a cambiare stile di vita, perché se poi fallisce non dargli un’altra possibilità invece di condannarlo come se la sua vita fosse già segnata?!
Io stesso a 29 anni mi ritrovo in carcere per la terza volta.
Mi hanno arrestato nel 2013 dopo 8 anni di reati sono stato condannato per associazione a delinquere, rapine, spaccio, truffa, incendio d’auto e per aver trafficato banconote false. Avevo solo 20 anni quando mi hanno arrestato in compagnia di altre 3 persone che quel pomeriggio avevano il compito come me di rapinare un supermercato nella città di Verona.
Da allora sono uscito una prima volta a Giugno del 2016 dopo 3 anni di detenzione. Uscii in affidamento ai servizi sociali presso la Comunità Terapeutica (in quanto al mio arresto mi dichiarai tossicodipendente) di Giovi a Salerno. Da lì dopo pochi mesi chiesi l’avvicinamento familiare in un’altra struttura in quanto la mia famiglia in quel periodo si trovava al nord.
Quindi mi trasferirono presso la struttura terapeutica sita in Chieri a Torino.
Lì dopo 7 mesi scappai e commisi una rapina ai danni di un supermercato.
Tutto questo avvenne perché pochi giorni prima avevano riarrestato mio fratello maggiore, e qualche mese prima era morto mio Nonno Paterno che fu la prima perdita familiare di tutta la mia vita e riuscii anche ad avere un permesso dal giudice per presenziare ai funerali.
Queste due cose mi segnarono molto all’epoca tanto da farmi perdere la testa e combinare altri disastri.
Era luglio del 2017 e venni nuovamente arrestato e prima di uscire dal carcere dovetti scontare altri 4 anni e subire vari trasferimenti in alcuni istituti penitenziari del Piemonte.
Nel 2021 arrivai qui al carcere di Ivrea dove decisi di cambiare reparto, dai comuni ai semi -protetti. La sezione “comune” è la sezione nella quale vengono ubicati i detenuti che si macchiano appunto di reati comuni tipo spaccio, rapina, truffa, omicidio, lesioni personali, soldi falsi ecc … insomma tutti reati che non devono essere collegati a donne, bambini e in alcuni casi anche anziani. Premetto che fino a quel momento avevo scontato i miei 7 anni di galera sempre nelle sezioni dei comuni senza mai beneficiare dei giorni (la famosa liberazione anticipata) perché facilmente mi facevo coinvolgere in risse, uso di sostanze stupefacenti e uso di telefoni cellulari, cose che prima mi facevano sentire importante, un figo, avere e fare determinate cose all’interno del carcere, portava ad essere temuto e rispettato.
Ma ero stufo, stufo di stare in isolamento, stufo di far soffrire mia Madre, stufo di vedere uscire detenuti peggiori di me ma che erano semplicemente stati più furbi nel cercare almeno all’interno del carcere di comportarsi bene.
Così arrivato al carcere di Ivrea presi questa decisione: mi sarei fatto mettere tra i semi-protetti, persone che prima disprezzavo cominciavano a essermi anche simpatiche, cominciavo a capire che il pregiudizio appartiene agli ignoranti, e che se pur una persona si macchia di un brutto crimine come l’omicidio di una donna rimane pur sempre una persona e può comunque insegnarti qualcosa. Dopo quasi un anno di percorso ottimo all’interno di questa sezione con il supporto del Sert (servizio dipendenze) e della mia Educatrice di riferimento riuscii ad ottenere un altro affidamento ai servizi sociali presso la comunità terapeutica “IL PUNTO” di Bioglio provincia di Biella. Ero felicissimo, dopo 8 anni ero di nuovo libero, non del tutto perché sarei comunque stato ristretto presso una comunità ma sempre meglio del carcere in quanto puoi ricevere più visite, puoi andare a casa in permesso ogni mese, puoi usare il cellulare e soprattutto era una struttura mista ovvero ospitava anche ospiti donne.
Dopo 10 mesi di percorso più che buono direi, come da relazioni effettuate dai miei educatori di riferimento e dal responsabile della struttura, stavo perseguendo in modo più che sufficiente i miei obbiettivi.
Ero già andato qualche giorno a casa per due volte ed era tutto pronto per il mio reinserimento sociale, cioè lavorare e tornare in comunità solo per dormire. Ero pronto.
Stavo finendo di scontare in modo eccellente la mia condanna e finalmente avrei avuto un posto di lavoro così da poter mettere via un po’ di soldi per l’ultimo anno di pena che mi rimaneva da scontare.
Ultimo permesso prima di iniziare il trasloco dalla C.T residenziale a quella di reinserimento.
Dal 10 Febbraio al 15 Febbraio il mio Magistrato di Sorveglianza mi concede i 5 giorni che avevo richiesto per trascorrere il mio compleanno il 12 con la famiglia.
Purtroppo in quei giorni è venuta fuori la peggiore parte di me che pensavo quanto meno di poter gestire al meglio ormai … non andò come pensavo.
E fu così che dopo 3 mesi mi ritrovai di nuovo in carcere, nel carcere di Verona perché era li che stavo al momento del mio arresto.
Mi mancano 2 anni per finire questa maledetta condanna che sembra non finire mai e penso che sia giusto dare più di una possibilità quando si vede che la motivazione e la determinazione al cambiamento di un detenuto sono vere e sincere.
Fin che non vieni toccato nelle corde giuste e non sarai sufficientemente e adeguatamente supportato e non sarai motivato non riuscirai a cambiare mai, perché sarà sempre più facile e comodo continuare per la strada che hai sempre intrapreso se pur ti porta a soffrire.
Perché purtroppo non conosci o quanto meno non hai fatto nient’altro nella tua vita se non sbagliare.
All’interno del carcere invece ormai sei a tuo agio, sai come muoverti, cosa fare e come farlo, sai come parlare e comportarti e soprattutto non farti mettere i piedi in testa da gli altri detenuti, sai come parlare e comportarti con gli Assistenti, Educatori, Psicologi, Volontari e via discorrendo. Perché ormai ti senti un po’ a casa tua.
Tutt’altro invece se dovessi uscire dal carcere, pieno di timori, incertezze, dubbi, paure e cose sconosciute da imparare.
Tant’ è vero che una delle paure più diffuse tra i detenuti che hanno scontato molti anni tra queste mura è proprio la paura dell’uscita.
Non che la libertà non causi gioia e felicità a queste persone, ma proprio il fatto che per armi si è stati in un posto chiuso per cose che hai sempre fatto e che ora non potrai fare più se non vuoi più finire in carcere, ti spaventa.
Quindi ti ritrovi nel mondo di fuori nudo di ogni tua certezza e con tutto da ricominciare, una vita nuova. Cercarti un lavoro, accontentarti di 1000 euro al mese e se incontro qualche vecchio amico fare finta di non vederlo oppure salutarlo e congedarti velocemente per non farti trascinare in giri che conosci fin troppo bene e dentro i quali stai benissimo ma che non vuoi più frequentare perché a quel punto vuoi davvero una vita nuova perché sei stufo di buttare anni in carcere.
Valerio R.
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