L’Odissea di Kelvin

In Italia parlare di immigrazione clandestina ultimamente è diventato argomento pretestuoso facile da usare un po’ da chiunque voglia riempirsi la bocca in cerca di comodi consensi e per certi politicanti che vogliono distogliere l’attenzione da problemi ben più urgenti fomentando nel cittadino un labile patriottismo di convenienza.

Oltretutto trovo questo discorso molto ipocrita da parte degli italiani poiché noi stessi in passato abbiamo fatto dell’emigrazione una necessità di sopravvivenza scappando dalla  nostra povertà alla ricerca di lavoro ed un sogno di ricchezza e benessere, ma eravamo mal visti da tutto il nord Europa mentre nelle Americhe ci ghettizzavamo in attività illegali di ogni genere.

Non ho mai pensato prima che il problema dell’immigrazione fosse insormontabile, e anche ora il nuovo governo dice di voler far valere le nostre ragioni in Europa, ma potevo eventualmente cambiar idea nel momento in cui son entrato in galera, poiché c’è una forte presenza straniera che sfiora addirittura il 50% in certe sezioni intasando un sistema obsoleto e sovraccarico messo a dura prova dalla convivenza in spazi angusti e con regole rigide.

In realtà ascoltando ed interagendo con molti di loro ho capito che pochi son quelli venuti in Italia per delinquere, mentre molti si son trovati in difficoltà senza lavoro o fissa dimora e, quasi costretti, han deviato verso l’illegalità… ma poi carcerati come me riescono a trovare in carcere un’opportunità di studio o di piccoli lavori che comunque dimostrano una certa buona volontà.

Un barcone carico di migranti nel Canale di Sicilia ANSA/GIUSEPPE LAMI

Partire per un paese straniero ignari del proprio destino in condizioni che definir precarie è un vero eufemismo può esser visto come un atto sia di speranza, sia di disperazione… per molti è entrambe le cose.

Quindi ho deciso insieme a Kelvin, ragazzo Nigeriano, di riportare passo dopo passo la sua Odissea che dall’Africa lo ha portato fino in Italia con l’unico sogno di trovar una sistemazione logistica e lavorativa dignitosa insieme alla sua fidanzata Blessing.

“Siam partiti da Benin City in Nigeria il 12 maggio 2017 in furgone speranzosi di trovar possibilità di una buona vita e pagati 3000 euro in contanti insieme ad una decina di ragazzi dopo un giorno e mezzo siamo arrivati in Niger dove io ero stremato poiché portavo Blessing sulle ginocchia e quando sono sceso non sentivo più le gambe dalla fatica… lì abbiamo trovato migliaia di persone che come noi cercavano l’approdo in Europa.

Dopo una notte di riposo siamo ripartiti con un furgone ancor più malmesso mettendoci addirittura tre interi giorni prima di raggiungere la Libia dove ad Agadez ci hanno messi in un campo profughi per sei giorni mal alimentati e disidratati.

Successivamente abbiamo attraversato il pericoloso deserto per passare il confine libico ma son stato separato da Blessing ed oltre alla fame ed alla sete salivano in me preoccupazione e paura poiché per nove giorni non sapevo nulla della mia amata.

Arrivati a Muzuc in Libia ho subito chiesto di Blessing che mi stava aspettando ed appena mi ha visto mi ha abbracciato poi mi ha dato da mangiare e mi ha lavato i vestiti ormai logori e maleodoranti a causa di quell’infinito viaggio.

Dopo sei giorni di riposo siamo ripartiti con gioia e speranza verso Saba e poi via alla volta di Saprata ancora una volta separati finalmente vicino al tanto desiderato mar Mediterraneo.

Lì non mi è stato possibile vedere Blessing per quattordici giorni anche perché c’erano più di tremila persone pronte ad imbarcarsi, ma la spietatezza dei scafisti premiava solo chi pagava ancora 1000 euro a persona per l’ultimo tratto in mare e l’imbarcavano dopo una settimana.

In fila per la via del mare un capo spedizioni mi ha proibito di imbarcarmi insieme a Blessing per ragioni di sicurezza, in quanto se il barcone affondava almeno l’altro si salvava… era il 10 Luglio 2017, ben due mesi dopo la prima partenza!

Allora solo e disperato più che mai son rimasto sette mesi in Libia in cui ho lavorato per tre mesi sottopagato dodici ore al giorno… poi finalmente un giorno Lei s’è fatta sentire chiamandomi e dicendomi che era delusa poiché l’Italia era diversa da come la immaginavamo.

Finalmente il 17 Febbraio 2018 ho ripagato quei maledetti 1000 euro guadagnati col sudore e mi hanno imbarcato con altri 150 clandestini mentre altri fuggivano per paura del mare mosso a tempesta e circa dieci ore dopo un traghetto è venuto a salvarci. Infine dopo due giorni son sbarcato sano e salvo a Messina in un centro d’accoglienza.”

Dedicato a chiunque pensi che per loro sia una passeggiata di salute!

Kelvin e Vespino

Autore dell'articolo: feniceadmin